Raid Usa in Libia, Renzi approva ma dall'Italia né uomini né mezzi

Matteo Renzi
di Marco Conti
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Martedì 2 Agosto 2016, 09:38
La telefonata da Washington per avvisare dell'avvio dei bombardamenti su Sirte, è arrivata domenica sera a palazzo Chigi. Soddisfazione più che sorpresa, da parte di Matteo Renzi, per l'intervento dei caccia americani che hanno avviato raid per eliminare non solo le sacche di resistenza dello stato islamico che ha a Sirte il suo più importante avamposto, ma anche perchè a Sirte «ci sono circa mille combattenti dell'Isis», come ha ricordato il portavoce del Pentagono Peter Cook. Non c'è dubbio che i recenti attentati in Francia, e il pericolo terrorismo in tutta Europa, abbiano giocato un ruolo fondamentale nello sbloccare una situazione ricca di ambiguità e di doppi giochi anche tra paesi alleati.

OBIETTIVO
«Raid di precisione», si sosteneva ieri a Washington, «che avvengono - spiega in una nota la Farnesina - su richiesta del governo di unità nazionale, a sostegno delle forze fedeli al governo, nel comune obiettivo di contribuire a ristabilire la pace e la sicurezza in Libia». L'Italia sostiene il governo guidato dal premier Fayez al Serraj e «lo incoraggia dalla sua formazione a realizzare le iniziative necessarie per ridare stabilità e pace al popolo libico», ma non c'è dubbio che gli interventi dei caccia americani abbiano come missione quello di evitare che i terroristi dell'Isis riescano a sfuggire alle forze di terra libiche. La richiesta del Consiglio nazionale libico è stata avanzata domenica mattina ed è frutto dell'incontro avvenuto tre giorni prima al Cairo tra il capo del governo libico sostenuto dall'Onu, Fayez Al Serraj, il generale Khalifa Haftar che guida le forze fedeli alle autorità di Bengasi e il presidente del parlamento di Tobruk Aguila Saleh. Nella richiesta di raid aerei si esclude esplicitamente l'utilizzo di forze di terra straniere, elemento decisivo per Bengasi.
 
E' presto per dire se la condivisione tra Tripoli, Bengasi e Tobruk sulle modalità di intervento americano sia foriera di ulteriori intese che permettano alla Libia di avere a breve un'unica autorità di governo. Per l'Italia resta comunque importante lo sblocco di una situazione incancrenita che ha avuto la forza di irradiare le sue metastasi terroristiche in mezza Europa. Alle operazioni americane l'Italia non partecipa, al pari degli alleati, nè ha messo a disposizione le basi dalle quali partono gli aerei Usa. Anche per smentire le indiscrezioni apparse su media internazionali circa una possibile presenza di forze speciali italiane sul territorio libico, ieri sera la Farnesina ha ricordato che «il sostegno italiano al governo libico si è concretizzato in forme diverse nel corso degli ultimi mesi, in particolare attraverso importanti operazioni umanitarie».

TASSELLO
Niente basi, niente aerei ricognitori, soprattutto niente uomini, spiegherà domani alla Camera la ministra della Difesa Roberta Pinotti nel corso del question time. Anche se l'iniziativa americana, seppur avvenuta a seguito di una precisa richiesta libica, verrà letta come uno dei passaggi della lunga campagna elettorale americana, per l'Italia si tratta di una scelta importante perché rompe indugi e ambiguità che si trascinano dal 2011 quando i raid francesi e britannici su Tripoli portarono alla destituzione e alla morte di Gheddafi.

La minaccia terrorista, con i mille jihadisti pronti a partire da Sirte verso l'Europa e non solo, ha favorito un intervento che l'Italia sollecitava da mesi e che ha di recente riproposto a Washington, con il ministro Paolo Gentiloni, una decina di giorni fa nel corso del summit che ha messo insieme i ministri della Difesa e degli Esteri della coalizione anti-Isis. La liberazione di Sirte, dopo i massacri delle scorse settimane, è un tassello importante nel processo di stabilizzazione del paese come la riapertura dei pozzi petroliferi avvenuta ieri e sottolineata con euforia dalla National Oil Corporation libica con un comunicato nel quale si sottolinea che ciò porterà ad aumentare gradualmente la produzione entro la fine dell'anno «a 900 mila barili al giorno». Proprio come aveva sollecitato Renzi durante il vertice a cinque di aprile ad Hannover.
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