Politica a singhiozzo/La scoperta tardiva dei numeri

di Carlo Nordio
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Mercoledì 14 Giugno 2017, 00:05
I sindaci di due città simbolo, Roma e Lampedusa, hanno adottato simultaneamente due decisioni quasi analoghe. Virginia Raggi, che guida la Capitale, ha chiesto al prefetto di non inviare più in città nuovi migranti. E per quelli che già ci stanno, ha posto limiti rigorosi all’accattonaggio. Dal canto suo Salvatore Martello, neo sindaco del porto di primo approdo di questa marea montante, ha detto che Lampedusa non ce la fa più e che «ora deve cambiare tutto». Al di là della rincorsa cinquestelle agli slogan salviniani e alle direttive della piattaforma Rousseau che pesca gli umori degli elettori, sembra che finalmente si sia scoperta l’inesorabile logica dei numeri, che prescinde dalle utopistiche aspirazioni solidali, e dalle nobili omelie vescovili: quando una stanza è piena, non può più entrarci nessuno. 

Il loro allarme non è isolato; al contrario, la stragrande maggioranza dei Comuni rifiuta nuove accoglienze, indipendentemente dal colore politico degli amministratori, per l’ovvia ragione che gli ospiti, privi di denaro, di lavoro e di identità, hanno creato e creano problemi di ordine pubblico e di gestione finanziaria incompatibili con le risorse disponibili. 

I poveri prefetti, dopo aver sudato sangue per collocare un centinaio di nuovi arrivi, si vedono imporre nuove quote aggiuntive. Loro non possono protestare, ma i sindaci sì. Ed è quello che hanno fatto Raggi e Martello . Questo risultato era ampiamente prevedibile. Da tempo la nostra politica sull’ immigrazione è un enigma dentro un indovinello avvolto in un mistero. A parole, si invocano le leggi esistenti (che in effetti sarebbero severe) e si promettono controlli rigorosi ed espulsioni celeri. 
Nei fatti, la confusione è totale, perché ogni decreto è soggetto a impugnazione giurisdizionale: i tribunali sono intasati e gli stessi avvocati lamentano le carenze del patrocinio gratuito obbligatorio. Intanto l’Europa ci ha chiuso le porte in faccia, le inchieste sulle Ong si moltiplicano e cresce il sospetto di infiltrazioni mafiose nella gestione del traffico umano. 

La decisione della Raggi si inserisce tuttavia in quell’andirivieni rapsodico e occasionale che caratterizza la nostra politica davanti ai problemi di ampio respiro. Che si tratti della riforma di un codice, della legge di stabilità o di altro, si ha sempre l’impressione che l’amministrazione, statale o locale, ubbidisca all’impulso del momento, senza preoccuparsi della coerenza con ciò che ha fatto nel passato e con ciò che intende fare, ammesso che ne abbia l’intenzione, nel futuro. 

Resta infine il sospetto che la Raggi abbia inteso reagire alla sconfitta di domenica assecondando la diffusa insoddisfazione popolare per la gestione di un’ondata migratoria di cui nemmeno si vede la fine. Se così fosse, il rimedio sarebbe peggiore del male, perché questo fenomeno, ormai banalmente definito epocale, è in realtà frutto di una strategia elaborata a tavolino dalle organizzazioni criminali, da fronteggiare con una politica organica e unitaria, chiara, seria e severa. 
Se invece esprime una scelta irreversibile dal parte del Movimento, come peraltro lo stesso Grillo ieri ha lasciato intendere, allora le altre forze politiche dovrebbero prenderne atto. Perché sul problema dell’immigrazione probabilmente si giocherà la prossima partita elettorale. E non è ammesso il singhiozzo.

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