Pdl, scissione vicina, alfaniani
pronti a disertare l'assemblea

di Mario Stanganelli
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Venerdì 8 Novembre 2013, 14:31 - Ultimo aggiornamento: 14:33
ROMA - Il solco tra falchi e colombe del Pdl si va facendo sempre pi largo e la decisione di Berlusconi di anticipare il Consiglio nazionale al 16 dicembre rischia di farlo diventare una voragine.

Allo stato dell’arte, neppure una drammatica scissione del partito del Cavaliere appare una prospettiva lontana. L’atto che potrebbe formalizzarla, e cioè la diserzione della componente alfaniana alla riunione del Cn, è stato evocato da Fabrizio Cicchitto, osservando che nella settimana che separa dal 16 novembre «c’è tutto il tempo per riflettere e per decidere» se andare all’assemblea degli 800. «E’ una partita ancora tutta da vedere», chiosa l’ex capogruppo alla Camera con chiaro riferimento alla battaglia in corso sui due documenti a cui lealisti e governativi cercano rispettivamente di allegare il maggior numero possibile di firme. Gli alfaniani si sono riuniti ieri a palazzo Madama, la sede parlamentare dove più aspro e decisivo per le sorti del governo è lo scontro tra i due schieramenti. Il loro documento, in otto punti, sembra aver raccolto oltre 300 firme, quota che impedirebbe al Cn di prendere decisioni che comportino la maggioranza dei due terzi, come l’azzeramento del Pdl. Forza numerica che indurrebbe lo schieramento delle colombe a non disertare il Consiglio nazionale. E infatti Roberto Formigoni chiede che il documento venga votato dal Cn a scrutinio segreto. Richiesta che provoca una levata di scudi tra i lealisti: «Si vergogni! - tuona Renata Polverini - Formigoni si poteva attivare qualche giorno fa per il voto segreto che coinvolgeva Berlusconi». E Mara Carfagna: «Perché questo stillicidio di provocazioni? Lo statuto del Pdl non dice nulla sul voto segreto». D’altra parte, sui numeri non c’è concordanza tra le due fazioni, dal momento che i lealisti pretendono di avere sul loro documento più di 600 firme degli 800 del Cn.



SCONTRO CONTINUO

La giornata di ieri ha visto il continuo scontrarsi di posizioni all’interno del Pdl. Oltre alle parole di Cicchitto, i fedelissimi del Cavaliere hanno considerato una «provocazione» anche quelle di Maurizio Sacconi che afferma di credere «di non essere meno leale nei confronti di Berlusconi ritenendo che la conseguenza dell’eventuale sua decadenza non debba essere la crisi di governo». Crisi che, per Sacconi, porterebbe «alla fine traumatica dell’intera seconda Repubblica, con grave danno per gli interessi del Paese». Ai governisti più decisi ribatte Daniele Capezzone: «Se qualcuno avesse in mente un appoggio al governo, per così dire a prescindere, allora si configurerebbe uno schema politico di nostra totale subalternità. Sarebbe come accettare di essere ”ospiti“ di un monocolore Pd».



Ma tra gli opposti acquartieramenti c’è però chi ha lavorato ieri per un ammorbidimento delle rispettive posizioni. Tra questi, oltre ad accostumati pontieri come Maurizio Gasparri e Altero Matteoli, anche i due ministri Maurizio Lupi e Nunzia De Girolamo. Per il primo - in netto dissenso da Cicchitto - «se si pensa a lavorare seriamente per l’unità del nostro partito, riconoscendo la leadership di Berlusconi, non si pensa a disertare il Consiglio nazionale che, invece, può essere una grande opportunità per l’unità del Pdl». Quanto alla ministra dell’Agricoltura, premesso che il Cn del 16 «non dovrà diventare un ring», twitta ispirata: «Sarò al Cn della nuova Forza Italia con l’entusiasmo del primo giorno e la determinazione a lavorare per attuare il sogno liberale di Berlusconi». Ma le maggiori chance per una pur difficile mediazione, restano sempre nelle mani del Cavaliere, che ieri sera ha avuto un ennesimo faccia a faccia con Angelino Alfano. Obiettivo minimo, non lasciare definitivamente nelle mani dei governativi il suo antico (ex?) delfino.