Centrodestra in crisi/L’occasione imperdibile per cambiare la leadership

di Giovanni Sabbatucci
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Mercoledì 11 Marzo 2015, 22:55 - Ultimo aggiornamento: 12 Marzo, 00:05
Ancora una volta, come nell’agosto del 2013, la Corte di Cassazione ha dato ragione ai giudici di merito in un processo che aveva come imputato Silvio Berlusconi, processato allora per frode fiscale, ora per prostituzione minorile e concussione. In questo caso, però, quella confermata da Palazzo di Giustizia è una sentenza di assoluzione definitiva: indimostrabile il primo capo d’accusa, non essendo stato provato che il presunto “utilizzatore finale” conoscesse la vera età della giovane marocchina (che in effetti non aveva l’aspetto di una minorenne); insussistente il secondo in assenza di minacce e di comprovate pressioni sul personale di polizia per il rilascio della ragazza.



Resta il sospetto che la scelta del reato di concussione da parte della Procura milanese sia avvenuta per poter disporre quelle intercettazioni le cui trascrizioni poi hanno inondato le pagine dei giornali, nazionali ed internazionali. Comprensibile dunque che l’ex cavaliere si dichiari sollevato e si complimenti con i giudici “coraggiosi” (ce ne sono, a quanto pare, anche a Roma).



Sarebbe però un grave errore pensare a un Berlusconi rigenerato politicamente dall’assoluzione e restituito come per incanto al suo ruolo di capo indiscusso del suo partito e dell’intero centrodestra. L’esito del processo “Ruby ter”, più che rilanciarlo come leader nazionale, sembra offrirgli l’occasione buona per scegliere più serenamente una uscita di scena da “padre nobile”, già da lui evocata in passato, in momenti meno tempestosi.



Berlusconi, è vero, ha vinto una battaglia giudiziaria importante (e per questo dovrebbe ringraziare l’accorta difesa tecnica dei suoi avvocati, e magari riflettere sugli effetti della strategia di scontro frontale con le toghe da lui adottata fino a qualche anno fa). Ma altre ne dovrà ancora affrontare, dall’esito tutt’altro che scontato. E soprattutto è reduce da una serie impressionante di insuccessi politici, solo in parte riconducibili alla condizione di oggettiva debolezza legata alle vicende processuali.



Ha prima puntato sull’asse trasversale con Renzi per le riforme, ottenendo poco e aprendo a destra nuovi spazi subito occupati dalla Lega di Salvini; ha perso clamorosamente la battaglia per il Quirinale, in cui il suo partito è rimasto isolato e privo di iniziativa; infine ha reagito alla sconfitta con un brusco revirement che lo ha portato a rinnegare, assieme al patto del Nazareno, quelle stesse riforme istituzionali alla cui nascita aveva fattivamente collaborato. I risultati sono evidenti.



Forza Italia, per lunghi anni partito di maggioranza relativa, guida e cardine della coalizione di centrodestra lungo tutto l’arco della seconda Repubblica, è data poco sopra al 10%, ormai superata nei sondaggi dalla Lega. Peggio ancora, il partito è spaccato in tre tronconi discordi e rissosi (brunettiani, verdiniani, fittiani), più un centro che di fatto si riduce al leader storico e al suo “cerchio magico”.



Emerge qui in tutta evidenza una delle carenze strutturali del berlusconismo: la difficoltà, o forse la riluttanza - peraltro comune a tutti i movimenti a guida carismatica - nel formare e selezionare una nuova leva di politici, di tecnici e di amministratori, nel dare corpo insomma a una organizzazione e a una leadership capaci di prescindere dalle alterne vicende personali del capo e fondatore. L’avvio, per quanto tardivo, di un’operazione del genere, più volte annunciata e mai condotta a buon fine, risulterebbe forse utile non solo all’immagine di Berlusconi, leader al tramonto, ma pur sempre protagonista di vent’anni di storia repubblicana.



C’è un elettorato di centrodestra restio a riconoscersi nel populismo leghista.
C’è soprattutto un sistema politico che, in mancanza di un polo moderato, rischia di assumere una nuova (o vecchia?) configurazione tripolare con al centro un Pd renziano inamovibile e ai lati due formazioni estremiste (Lega e Cinque Stelle) inutilizzabili per qualsiasi prospettiva di governo. Non sarebbe questo un esito accettabile per chi si è sempre presentato come il promotore e l’artefice di un bipolarismo mai prima sperimentato nella storia politica italiana.