Camera, portaborse in rivolta: «Stufi di lavorare in nero»

Il Transatlantico di Montecitorio
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Mercoledì 27 Maggio 2015, 14:49 - Ultimo aggiornamento: 1 Giugno, 16:00
Stufi di lavorare in nero. Talmente in nero che c'è chi li chiama collaboratori parlamentari, portaborse, chi segretari, chi addetti stampa. Questa mattina alla Camera, i portaborse sono scesi (idealmente) in piazza. Indicendo una conferenza stampa per dire basta.



Ad oggi funziona più o meno così: che il rapporto tra il politico e il collaboratore è esclusivamente

riconducile ad una trattativa tra le parti. Il che significa che c'è chi guadagna un tot e chi viene

pagato a nero, c'è chi ha un contratto di lavoro subordinato e chi un lavoro a chiamata, c'è chi può

contare sul pagamento degli oneri previdenziali e chi no. Ora, però dicono basta, appunto, e chiedono che il Parlamento italiano «cacci fuori tutti questi angoli grigi» e che il sistema sia regolamentato.



«Perchè questo vuol dire - ha spiegato in conferenza stampa Riccardo Malavasi, presidente dell'associazione italiana collaboratori parlamentari - investire sulla democrazia e non percorrere la strada

dell'antipolitica».



«Ad oggi è impossibile finanche sapere quanti siamo - ha detto Malavasi - e in un sistema non

regolamentato si possono creare irregolarità di lavoro. Noi non possiamo accedere alla Camera e al

Senato, non possiamo accedere e seguire le commissioni parlamentari, tutte cose che rendono il lavoro meno professionale».



«Sono stati approvati degli odg al bilancio 2013 e 2014; la commissione Lavoro ha iniziato l'analisi di disegni di legge ma la strada non ha funzionato - ha approvato - Una proposta di legge è stata approvata alla Camera ma poi si è fermata al Senato. Insomma nessuna risposta per una questione che gli uffici di Presidenza potrebbero risolvere».



Ed oggi una prima risposta è arrivata da Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera, che ha assistito alla conferenza

stampa. «In commissione Lavoro la proposta è già incardinata - spiega - ho sospeso tutto in attesa dei

decreti attuativi dei jobs act. Appena arriveranno, penso tra 15 giorni, riprenderemo l'iter già

incardinato. Incontriamoci ma ho abbastanza fiducia che si vada avanti».
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