Letta preoccupato: ora esagera
E sale la tensione anche nel Pd

Giorgio Napolitano
di Alberto Gentili
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Lunedì 14 Ottobre 2013, 07:39 - Ultimo aggiornamento: 11:32
Enrico Letta ha detto subito di non essere d’accordo, sul tema dell’amnistia e dell’indulto proposto dal Qirinale, con Matteo Renzi. Un atto dovuto, una difesa d’ufficio di Giorgio Napolitano. E c’è da dire che anche al Quirinale non hanno gradito le bordate del futuro segretario del Pd. Ma dal capo dello Stato non arriva alcuna replica. Sul Colle si ricorda soltanto che la questione del sovraffolamento delle carceri «è ineludibile». In primo luogo perché la situazione carceraria è in contrasto con la dignità della persona tutelata dalla nostra Costituzione. E poi perché entro il 28 maggio 2014 l’Italia dovrà mettersi in regola con l’ultima sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha sancito l’invivibilità dei nostri istituti carcerari. Pena sanzioni salate.

Letta, che assiste sgomento alla zuffa tra i ministri e il sindaco, non ha alcuna intenzione di alzare la tensione con Renzi. Appena dieci fa, in occasione del voto di fiducia, i due hanno siglato un patto che suona più o meno così: “Io porto avanti il governo fino alla fine del 2014, in modo da completare il semestre di presidenza italiana dell’Unione europea e varare le riforme istituzionali, così come chiesto da Napolitano; tu prendi in mano il Pd e avrai la mia neutrailità”. Tant’è che il 6 ottobre, Letta disse: «Nel passaggio della fiducia Matteo è stato solidale, ha avuto un atteggiamento positivo». E Renzi confermò: «Con me segretario il governo sarà più forte, non più debole».

LA SPINA NEL FIANCO



Ma il debutto della campagna congressuale di Renzi ha messo in allarme mezzo Pd e naturalmente il premier. «Matteo si annuncia come una spina nel fianco ed è fuori misura», dice un deputato lettiano di alto rango, «sembra che non si renda conto dell’impatto delle cose che dice, oppure volontariamente scatena una fibrillazione eccessiva. Forse non ha ancora compreso che non andrà a fare il Gianburrasca, ma il segretario del Pd: un partito che ha scelto la responsabilità». E afferma Marco Meloni, parlamentare lettiano che non si è schierato né con Renzi, né con Gianni Cuperlo: «Matteo non è partito bene, probabilmente deve ancora calibrare la sua comunicazione. Ma di sicuro sbaglia quando attacca Napolitano e quando parla di “voi” e “io” a proposito del governo. Il Pd e l’esecutivo Letta sono legati a filo doppio, dunque il governo è anche suo. Renzi offra idee e contributi, la smetta di stare con l’indice puntato contro Enrico».

Di fatto, a poche ore dall’avvio della campagna congressuale, nell’entourage di Letta ci si interroga sulla maturità politica del sindaco. Sulla consapevolezza «di ciò che andrà a fare» una volta sulla poltrona di segretario. «Un conto è se la spina nel fianco la fa Brunetta», dice un altro esponente lettiano, «un conto se la fa il futuro segretario del partito. Tutto crolla...».

Il premier, però, per ora dribbla lo scontro. Così a palazzo Chigi gettano acqua sul fuoco: «I due hanno caratteri opposti, ma non sono Veltroni-D’Alema e impareranno a convivere. La coabitazione deve funzionare nell’interesse del Paese». Ancora, facendo trasparire un filo d’allarme: «Letta sta facendo il suo dovere e se continuerà a fare le cose per bene non ci sarà attacco che tenga».

Meno preoccupato il lettiano Francesco Boccia, che ha deciso di sostenere Renzi nella corsa congressuale: «Fare il segretario del Pd è un lavoro difficilissimo e totalizzante. Sono sicuro che una volta eletto, prendendo contatto con la complessità della partita, Matteo saprà trovare i toni giusti». Si vedrà.
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