Paolo VI, un Papa per amico

Paolo VI, un Papa per amico
di Giovanni Bazoli
3 Minuti di Lettura
Venerdì 17 Ottobre 2014, 16:04 - Ultimo aggiornamento: 19 Ottobre, 17:23
Ricordare Paolo VI per me – come per altri a Brescia legati a lui e alla sua famiglia da lunga consuetudine – significa rivivere, in modo diretto o indiretto, momenti che scandiscono la vita spirituale e pubblica di Giovanni Battista Montini : la vocazione sacerdotale, il ruolo nella Fuci a Roma negli anni Venti e Trenta dello scorso secolo e poi alla Segreteria di Stato, gli anni alla guida della diocesi di Milano, infine l’elezione a Papa.



Cresciuto all’oratorio della Pace – fucina del cattolicesimo bresciano, con i padri Paolo Caresana e Giulio Bevilacqua – Montini, nel 1915, comunicò ai genitori la propria vocazione. In quella circostanza il padre Giorgio lo invitò a confidarsi con mio nonno Luigi.



La ragione di quel suggerimento è da ravvisare nella singolare stima e consonanza di ordine intellettuale e spirituale che legava il giovane Montini a mio nonno, ancor prima che nella fraterna amicizia esistente tra le famiglie e nel ruolo che Giorgio Montini e Luigi Bazoli rappresentavano nel mondo cattolico bresciano (tra l’altro, nel 1904 mio nonno era stato tra i fondatori dell’Editrice La Scuola e ne era diventato il primo presidente). Di quel colloquio si è conservata una traccia nell’epistolario montiniano, laddove il padre Giorgio invita il figlio a seguire nella libertà la sua coscienza.



Se questo ricordo risale al tempo della vocazione sacerdotale del giovane Montini, è altresì scolpito nella memoria della mia famiglia il momento del congedo terreno di mio nonno Luigi (1937), allorché Montini, appreso della malattia mortale che aveva improvvisamente colpito l’amico, era corso da Roma a Desenzano per portargli (ma senza giungere in tempo) l’estremo saluto e per partecipare al dolore dei familiari e dell’intera comunità bresciana.



Era normale che le nostre famiglie si incontrassero durante le Feste di Natale a Brescia e d’estate a Ponte di Legno. Un legame affettivo di don Battista con i miei genitori a tal punto sentito che, a metà degli anni Sessanta, ricevendo mia moglie e me in udienza privata in occasione delle nostre nozze, papa Montini volle parlarci di mia madre, morta più di trent’anni prima quand’ero ancora in fasce, ricordandola con una sensibilità così viva e delicata che ci emozionò profondamente.



Durante gli anni della guerra, quando mio padre era ricercato dai nazisti per la deportazione, la famiglia Montini non esitò a dare rifugio, oltre che a mio padre, a me e mio fratello Luigi, fuori Brescia, in una cascina di loro proprietà in Val Trompia, a Costorio di Concesio.



Per quanto mi riguarda personalmente, rammento poi alcuni incontri con monsignor Montini a Roma, durante gli anni della Costituente e della prima legislatura democratica, quando mio padre era deputato della Democrazia Cristiana e Montini sostituto alla Segreteria di Stato. In quel periodo, ma anche successivamente, ebbi più di un’occasione di partecipare a riunioni conviviali con lui. Ricordo in particolare una sera in cui andai a prendere il futuro papa in automobile in Vaticano e lo portai da un amico di famiglia, l’avvocato Tacci, ad una cena durante la quale mi parlò di mio nonno Luigi con una stima e una venerazione che mi sorpresero e colpirono profondamente.



Anche del cardinal Montini negli anni milanesi conservo molti ricordi: dal suo indimenticabile discorso d’ingresso in Duomo ad altri suoi discorsi di grande intensità; da alcune riunioni familiari nella casa di Brescia per le festività natalizie ad un singolare colloquio in cui volle interpellarmi, in quanto rappresentante degli assistenti della Cattolica, sulla situazione interna dell’ateneo milanese.



Gli anni del papato, poi, mi hanno consentito di partecipare a numerose udienze e visite in Vaticano. Tra queste, ricordo con particolare emozione quella concessa agli amici dell’Editrice La Scuola, nel corso della quale, ancora una volta, pronunciò parole di ammirazione per mio nonno; nonché una cena con familiari e amici a Castelgandolfo, cui seguì, qualche tempo dopo, sempre a Castelgandolfo, un incontro, insieme al cugino Vittorio Montini e alla cognata Camilla, in cui intese ringraziarci dell’opera prestata per la costituzione della sede bresciana dell’Università Cattolica.



Un’ultima immagine è scolpita nella mia memoria e nel mio cuore: nell’agosto del 1978, i funerali in Piazza San Pietro e sulla bara spoglia al centro del sagrato della basilica solo il vangelo sfogliato dal vento. Una essenzialità che sintetizzava l’intera vita del Papa, vissuta obbedendo, anche a prezzo di incomprensioni e impopolarità, al dettato della propria coscienza e al servizio esclusivo del Vangelo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA