La spinta degli Usa, preoccupati per le ricadute geopolitiche

La spinta degli Usa, preoccupati per le ricadute geopolitiche
di Anna Guaita
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Lunedì 25 Maggio 2015, 06:18 - Ultimo aggiornamento: 07:51
NEW YORK - Grexit non è ancora una parola nota al grande pubblico americano. Ma alla Casa Bianca ne parlano molto, e il presidente ne ha discusso con il ministro del Tesoro Jack Lew, che mercoledì arriva in Gran Bretagna per poi ripartire per Dresda per il G7 di fine settimana. A Lew è stato affidato il difficile compito di continuare a difendere con gli interlocutori inglesi e tedeschi non solo la Grecia ma la compattezza stessa dell'Unione Europea. L'interesse di Washington non è infatti più solo economico: c'è anche una forte preoccupazione geopolitica. È ovvio che un'Europa in crescita più veloce sarebbe preziosa per gli Stati Uniti. Ma dal punto di vista della geopolitica, se la Grecia fallisse, creerebbe un indebolimento nel Mediterraneo in un momento storico drammatico, segnato dalla minaccia dell'Isis e dalla politica espansionistica della Russia.

LE POSIZIONI

La Casa Bianca ha la sensazione che l'Europa, tutta concentrata sull'aspetto più squisitamente economico della crisi greca, stia perdendo di vista la possibile ricaduta negativa sul fronte della sicurezza. E già politologi e strateghi immaginano con terrore l'ipotesi che una Grexit possa comportare caos sul fianco sud-est dell'Europa, proprio quello che invece giudicano necessario rinforzare. Le posizioni della Casa Bianca sulla questione del default di Atene sono tuttavia diventate un po' meno comprensive verso il governo di Alexis Tsipras. Solo un mese fa Obama aveva preso una posizione di grande supporto del nuovo governo greco, sentendo la sua battaglia contro l'austerità molto vicina a quella che aveva dovuto combattere lui stesso nel 2009, appena eletto: «Non si può continuare a spremere Paesi che sono in profonda depressione - aveva detto Obama in un'intervista alla Cnn, all'inizio di aprile -. Ad un certo punto deve esserci una strategia di crescita, per permettere loro di rimborsare i debiti ed eliminare parte dei loro deficit». Obama aveva anche concordato che «è molto difficile dare inizio alle riforme quando gli standard di vita della popolazione crollano del 25%». Tuttavia, solo poche settimane più tardi, nella conferenza stampa dopo la visita del premier Matteo Renzi, il presidente è stato un po' più rigido: «La Grecia deve iniziare a fare riforme importanti, raccogliere le tasse, ridurre la burocrazia e rendere flessibile il mercato del lavoro. Deve iniziare a prendere decisioni drastiche». Insomma, se Obama difende la Grecia presso gli alleati europei, comincia a dare lui stesso segni di impazienza. Peraltro, non tutti sono preoccupati come lo è lui. Proprio ieri due big della finanza hanno preso posizioni ben diverse: da un canto Alan Greenspan, già chairman della Fed, che ha sostenuto che una uscita della Grecia è oramai alle porte, e che non significherà una rottura dell'Unione Europea, e dall'altra l'investitore miliardario Warren Buffett, il quale ha addirittura sostenuto che un' uscita della Grecia non solo rafforzerà l'Europa politicamente ma anche economicamente.