Trump esce dall'accordo di Parigi sul clima: «Voglio accordo più equo»

Trump esce dall'accordo di Parigi sul clima: «Voglio accordo più equo»
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Giovedì 1 Giugno 2017, 20:38 - Ultimo aggiornamento: 2 Giugno, 12:00

«L'America è tornata, e non accetterà più accordi che vanno contro i suoi interessi». Parola di Donald Trump, che mantiene la parola data ai suoi elettori e annuncia il ritiro immediato degli Stati Uniti dall'accordo di Parigi sul clima. Spiegando che Washington è pronta a negoziare una nuova intesa che sia giusta e non vada contro gli interessi americani: «Se ci riusciremo benissimo, altrimenti pazienza».

È lo strappo più grande da quando il tycoon si è insediato alla Casa Bianca. Una sfida all'intera comunità internazionale - Cina ed Europa in primo luogo - e una rottura con l'eredità di Barack Obama. Una svolta dalle conseguenze imprevedibili, che potrebbe spingere altri Paesi - vedi India, Filippine Malesia e Indonesia - a seguire la stessa strada e, in un effetto domino, a dire addio a quegli impegni solennemente presi nel 2015 da 195 nazioni per tagliare drasticamente il livello delle emissioni inquinanti.

Trump si è rivolto agli americani e al mondo intero dal Rose Garden della Casa Bianca, in un clima surreale in cui a intrattenere le decine di giornalisti presenti ci ha pensato un'orchestrina jazz. In prima fila tutti i più stretti consiglieri del presidente americano, tranne la figlia Ivanka e il genero Jared Kushner. Ad applaudire c'era tutta quella West Wing fino a poche ore prima ancora divisa sulla necessità di rompere o meno col resto del mondo su un tema cruciale come quello della lotta ai cambiamenti climatici. Dopo essersi preso al G7 di Taormina qualche altro giorno di tempo per decidere, Trump - raccontano nel suo entourage - è stato indeciso fino all'ultimo momento, incontrando da una parte il segretario di Stato Rex Tillerson, contrario a uno strappo così forte con l'Europa ma anche con la Cina, e dall'altra il numero uno dell'Epa (l'agenzia ambientale federale) Scott Pruitt, un falco noto per le sue posizioni ultrascettiche sulla lotta ai cambiamenti climatici.

Alla fine è prevalsa la linea dura: «Basta autoinfliggerci delle ferite, gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati dall'intesa di Parigi e negoziati da Barack Obama - ha detto il presidente americano - non sono realistici. Azzoppano l'economia americana e favoriscono altri Paesi», vedi la Cina. Il risultato per la Casa Bianca è che quell'accordo non è in linea con il principio faro dell'amministrazione Trump, quello dell«America First'. E pazienza se gran parte del mondo imprenditoriale, da Wall Street alla Silicon Valley, non la pensa così, compresi i giganti petroliferi come Exxon Mobil, Chevron e Bp. Trump annuncia quindi lo stop dei fondi Usa al Green Climate Fund dell'Onu e chiarisce come lo strappo sul clima è solo l'inizio: Assicureremo lo stesso trattamento a tutti quegli accordi, a partire da quelli commerciali, per noi ingiusti e che vanno contro gli interessi americani.

Il no di Trump, comunque, di per sé non basta a far saltare l'accordo raggiunto due anni fa sotto l'egida delle Nazioni Unite. La Cina, che proprio Obama aveva convinto ad aderire con entusiasmo, ha assicurato che andrà avanti con l'Europa sugli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti. È proprio dall'Unione europea che arrivano le reazioni più veementi, con il presidente della Commissione Jean Claude Juncker che parla di populismo e avverte: »Non è un bene che gli Usa si ritirino dalla scena mondiale.

Ma sia chiaro che il vuoto lasciato dagli Usa verrà riempito«. Angela Merkel, Emmanuel Macron e Paolo Gentiloni sono ancora più chiari: »L'accordo di Parigi non è rinegoziabile in quanto è uno strumento vitale per il nostro pianeta, le società e le economie«, avvertono la cancelliera tedesca, il presidente francese ed il premier italiano in una nota congiunta. Di diverso tenore le reazioni da Mosca: »La Russia dà grande importanza all'accordo sul clima ma va da sé che la sua efficacia viene ridotta senza i suoi attori chiave«, afferma il portavoce del Cremlino Dimitri Peskov.

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