Brexit, dal voto in Spagna può arrivare un altro colpo alla Ue

Brexit, dal voto in Spagna può arrivare un altro colpo alla Ue
di Paola Del Vecchio
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Sabato 25 Giugno 2016, 15:41 - Ultimo aggiornamento: 20:30
L'onda d'urto dello tsunami Brexit si è abbattuta in pieno sulla Spagna, nell'ultimo giorno della campagna per le elezioni di domani, bissate per l'impossibilità di trovare un accordo di governo nel nuovo scenario a quattro partiti emerso a dicembre. In una Madrid sotto choc, nessuno è in grado di prevedere la portata dell'impatto nelle urne, il primo test a caldo per l'Europa, dopo il punto di non ritorno della consultazione inglese. Davanti allo spread alle stelle e alla Borsa a picco con uno storico -12,5%, il premier in funzione Rajoy, in un messaggio istituzionale alle 9,30 del mattino, ha trasmesso ai mercati «fiducia nella stabilità politica ed economica».
 
«Non è momento di alimentare l'incertezza», ha avvertito l'elettorato. Moderazione «contro i populismi», stabilità di fronte «all'incertezza dei radicali». Come il leader del Pp, anche il socialista Pedro Sanchez e il leader di Ciudadanos, Albert Rivera hanno utilizzato il Brexit per attaccare Unidos Podemos. Dopo l'esordio a dicembre con 69 seggi in parlamento, il partito del 37 enne Pablo Iglesias, nella nuova alleanza con Izquierda Unida, la sinistra radicale di Alberto Garzon (classe '85), potrebbe ottenere almeno 83-87 seggi, e affermarsi come seconda forza dopo il Partido Pupular, stando ai sondaggi. E spedire il partito socialista, con pari o inferiore numero di scranni e minor numero di voti, nella soffitta della storia, liquidando per sempre il bipartitismo, dopo 4 decadi di alternanza al potere col Pp. E portare a compimento la svolta contro l'establishment politico e finanziario, abbozzata da movimenti come i Cinquestelle alle municipali in Italia, in una scossa pari a quella prodotta in Grecia da Syriza con l'eclissi del socialdemocratico Pasok.

IL DILEMMA DI SANCHEZ
In campagna elettorale, Iglesias, in un esercizio di pragmatismo, ha rinnegato di essere comunista, ha abbracciato la socialdemocrazia, presentato il programma nel catalogo di Ikea e rinunciato alla linea rossa del referendum indipendentista in Catalogna. Ma potrebbe non bastare, perché il socialista Sanchez, pur avendo le chiavi per la governabilità, dovrebbe scegliere fra suicidarsi favorendo con l'astensione l'investitura di un esecutivo minoritario del Pp oppure stringendosi nell'abbraccio mortale con Unidos Podemos. Stando agli analisti economici, il Brexit favorirà il voto conservatore. Ma il voto della paura, in Gran Bretagna ha sortito l'effetto contrario. Pablo Iglesias si è scagliato contro «l'autoritarismo», e ha fatto appello a «non mischiare questioni gravi di politica estera, che minacciano la continuità del progetto dell'Unione con le nostre elezioni».

Ha ricordato che quello viola è stato l'unico dei partiti spagnoli ad andare in Inghilterra per la campagna a favore del remain, perché crede nel progetto europeo, anche se con una «profonda rifondazione», che riaffermi i valori sociali e il modello di welfare. Con la collera xenofoba ed euroscettica scatenatasi nel continente, paradossalmente Podemos rappresenta una diga e il collettore della protesta anti-austerità a sinistra. Ma in campo socialista si è fatto avanti l'ex premier Gonzalez, per dire che il Psoe «non può essere socio di governo» di «populismi pseudosinistra favorevoli alla rottura» della Spagna. In caso di sorpasso di Podemos, prenderebbe forza l'ipotesi di una grande coalizione Pp-Psoe-Ciudadanos, finora esclusa dal partito della rosa. Come quella di un governo tecnico alla Monti, che sarebbe l'unica via d'uscita per evitare terze elezioni.
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