Libia, Renzi irritato dalla fuga di notizie: «Messi a rischio i nostri uomini»

Libia, Renzi irritato dalla fuga di notizie: «Messi a rischio i nostri uomini»
di Marco Conti
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Giovedì 11 Agosto 2016, 09:10 - Ultimo aggiornamento: 19:07

ROMA «A noi non è arrivato nulla, non c'è mai stato dato un documento che accenna a interventi di nostri uomini in scenari di guerra». Felice Casson, segretario del Copasir, mette le mani avanti. Il Comitato di controllo sui Servizi segreti - presieduto dal leghista Stucchi e momentaneamente ampliato di due componenti per permettere a Forza Italia di avere un suo rappresentante - è finito ieri mattina nell'occhio del ciclone per una fuga di notizie che sarebbero dovute rimanere segrete e la cui diffusione ha irritato palazzo Chigi e Quirinale. Per la verità della presenza di nostri soldati in Libia si era parlato molto nelle scorse settimane, ma stavolta il quadro che ne emerge è di una partecipazione ben più attiva dell'Italia.

Nulla a che vedere con i bombardamenti degli americani decisi da Obama su invito del premier Serraj, ma un'attività di presunto sminamento ha poco a che fare con interventi umanitari e di addestramento. Dal ministero della Difesa negano la presenza di militari italiani. D'altra parte se così fosse ci sarebbe dovuto essere un dibattito parlamentare con conseguente autorizzazione. Se non fosse che a novembre è stata approvata una normativa (con voto favorevole anche di M5S, FI, Lega e Sel) che consente a palazzo Chigi di autorizzare missioni militari dei nostri corpi di élite per un periodo limitato di tempo, senza autorizzazione del Parlamento e sotto la catena di comando dei nostri servizi segreti.

«Le strutture italiane impegnate» nella lotta all'Isis «sono quelle autorizzate dal Parlamento», si sostiene a palazzo Chigi. Quindi «non possiamo né confermare né smentire la presenza di militari in Libia che comunque sarebbero impiegati per attività di intelligence e non combat».

Si torna quindi al Copasir che oltre a gestire documenti riservati, raccoglie le informative del governo e dei servizi stessi e sa quindi chi c'è ora in Libia. E' probabile che proprio da un'informativa dell'Aise provenga la conferma sulla presenza di «una decina di militari italiani»: gli incursori del Comsubin, del nono reggimento Col Moschin, del 17esimo stormo incursori dell'Aeronautica Militare e del Gis dei Carabinieri.
 
FERITI
Resta il fatto che la fuga di notizie ha irritato non poco Matteo Renzi che continua a sostenere che «non c'è nessun cambio di strategia». Ovvero che l'Italia mantiene nei confronti della Libia quel ruolo politico di supporto al governo di Serraj assunto ormai da mesi. Nessun salto di qualità, quindi, tantomeno l'intenzione di far assumere all'Italia un ruolo spiccatamente militare accanto agli Usa. Per carità, restano disponibili le basi di Sigonella e di Aviano. Così come le navi e i C130 per trasportare i feriti più gravi nei più attrezzati ospedali italiani, ma di indossare l'elmetto in stile 2011 non c'è proprio voglia e intenzione.

L'idea di porre il segreto di Stato su tutte le operazioni che palazzo Chigi autorizza circola ormai da qualche giorno. Soprattutto per evitare di esporre a rischi i soldati impegnati in missioni speciali che puntualmente vengono rese pubbliche e non sempre in maniera corretta. Alimentare una visione interventista, si ragionava ieri a palazzo Chigi, conviene «non solo a coloro che in Libia vorrebbero un intervento militarmente più attivo, ma anche a chi è convinto di poter creare problemi al governo e allo stesso Serraj». Come? «Realizzando un link (non difficile ndr) tra ciò che l'Italia sta facendo in Libia e il problema degli immigrati nelle città».

IL RUOLO DEI CINQUESTELLE
I sospetti che guastano l'umore di Matteo Renzi guardano diritti al M5S che non solo considerano Serraj «un finto presidente» (Di Stefano), ma contestano anche il possibile utilizzo di Sigonella da parte degli Usa e hanno di recente teorizzato che «bombardando la Libia e concedendo le basi aumentiamo» il rischio attentati (Di Maio). L'Italia non bombarda, le basi non sono state utilizzate, ma la percezione intanto cambia.

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