Dopo la caduta di Mosul, la seconda città più grande in Iraq, i militanti hanno iniziato a costringere le donne ad accettare i matrimoni a tempo o la pratica del jihad al-Nikah, ovvero una jihad del sesso, con il pretesto di attuare la Sharia. Chi si è rifiutata ha subìto gravi punizioni o, in diversi casi, è stata uccisa. «La vita è troppo difficile per le donne a Mosul a causa delle rigide regole imposte – ha continuato Mamuzini – L'Isis ha iniziato a selezionare le donne della città e le ha costrette a sposare i suoi militanti. Coloro che si sono rifiutate sono state giustiziate: almeno 250 ragazze sono state finora uccise per essersi sottratte alla pratica. Talvolta sono state sterminate anche le famiglie delle ragazze».
Ghayas Surchi, dell'Unione Patriottica del Kurdistan, ha aggiunto che i diritti umani in quei territori sono stati ampiamente violati: «Le donne sono viste come merce, non hanno alcuna possibilità di scegliere i loro coniugi. Non possono uscire da sole e devono seguire rigide regole di vestiario. Ai ragazzi e alle ragazze è vietato comunicare tra loro, dunque è impossibile che possano scegliere la loro anima gemella».
Mosul è sotto il controllo dello Stato Islamico dal giugno 2014: da allora la città e i suoi residenti stanno vivendo nella paura costante ingenerata dai jihadisti per spingerli a obbedire.
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