Duro, arcigno e aggressivo: la metamorfosi di Macro

di Marina Valensise
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Domenica 30 Aprile 2017, 00:49
Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare. E a sette giorni dalla finalissima delle presidenziali, i due candidati in ballottaggio mostrano i muscoli. Certo, per Marine Le Pen, la candidata di estrema destra, figlia del fondatore del Fronte Nazionale non è una novità. Animale da scena con vent’anni di gavetta alle spalle, è ben rodata nel genere aggressivo tribunizio, e pronta a tutto pur di sferrare il colpo decisivo, sebbene sia sotto di tre punti rispetto al rivale Macron e anche nelle intenzioni di voto, nonostante il recente incremento degli indecisi.
<HS9>Dei due, dunque, è Macron, l’indipendente centrista in testa al primo turno col 24 per cento dei voti e nei sondaggi col 59 per cento, a mostrare la metamorfosi più interessante.

Fino all’altro ieri passava per un “nourrison” della politica, per una faccia da prima comunione, tanto da risultare «un candidato di plastica» agli occhi di un noto politologo italiano. Ebbene, gli è bastato entrare nell’agone della finale, per mettersi a sparare siluri. Marine Le Pen tenta di rubargli la scena fra gli operai della Whirlpool minacciati di delocalizzazione, mentre il leader di En Marche sta incontrando i sindacati? E’ il suo modo di fare comunicazione, parassitando la politico, ma il tempo della campagna sono io a dettarlo, replica Macron in televisione. E’ una demagoga che gioca col fuoco, un’ereditiera, che vive di rendita, capace solo di menzogne dettate dal rancore, che ci getteranno sul lastrico. Marine Le Pen vuole uscire dall’euro? Attenzione, spiega Macron con chiarezza, il valore dei nostri risparmi diminuirà del 30 per cento, e pure i nostri salari reali, perché io prodotti che consumiamo vengono dall’estero, e il costo delle importazioni aumenterà e finiremo tutti per impoverirci. Tutti noi, il popolo, le classi medie, ma non lei, Marine Le Pen, la dinasta, che vive in un castello e da trent’anni approfitta del sistema che dice di combattere. 

Marine Le Pen rischia di calamitare una parte (forse metà, forse terzo) dei 7 milioni di voti di Jean Luc Mélenchon, il Bakunin redivivus, il tribuno della plebe che sogna l’alleanza bolivarista coi dittatori latino americani? Macron spara a zero sul “cabotinage” del leader della France insoumise, che su youtube ha annunciato di non dire per chi voterà rifiutandosi di dare consegne: «Macron significa la guerra di tutti contro tutti sul piano economico» ha detto Mélenchon, «Madame Le Pen peggio ancora: perché oltre a dare la carica contro gli interessi dei salariati, andrà a scovare nella culla chi è francese e chi non lo è e chi non lo sarà più». E Macron non ha aspettato neanche un’ora per passare al contrattacco: «Mélenchon ha due colpe gravi: non distingue tra il FN e noi di En Marche, gli unici pronti a discutere con lui entro il quadro repubblicano, e tradisce i suoi elettori, che a larga maggioranza si sono battuti contro gli estremismi. Rispetto i suoi elettori, ma meritano qualcosa di meglio che il suo istrionismo».

Le Pen annuncia che se verrà eletta nominerà primo ministro il fondatore di Debout la France Nicolas Dupon-Aignan, il sovranista slavato sedicente gollista, che ha preso il 5 per cento dei voti e fino all’altro ieri sosteneva di non aver niente a che fare col FN? Anche qui Macron ha la risposta pronta: «Non è grave» minimizza: «Ha tutta l’aria di accordo di apparato che serva solo a risolvere, da un lato, i problemi di credibilità di una candidata senza squadra di governo, e dall’altro i problemi di finanziamento di Dupont Aignan. Ma l’accordo avviene in nome della finanza magica. Il FN propone la pensione a 60 anni, l’aumento dei funzionari, la riduzione delle imposte. Al momento in cui bisognerà saldare i conti, qualcuno dovrà pagare. Nelle campagne si vota FN ma esiste il buon senso per capire che andremo incontro a nuove tasse o a un aumento del debito pubblico per i loro figli. Perciò Auguri».
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