Sia chiaro, il collasso l’avrebbe colpita ancor più, e più in fretta, nel caso il congresso avesse detto no: una decisione a cui sarebbe probabilmente seguita una scissione. La fine della Spd sarà ora solo più graduale, sull’onda di un suo declino storico già cominciato da tempo e di quello più generale del socialismo europeo. I socialdemocratici ripropongono infatti la Grande Coalizione nel peggiore dei modi: hanno perso troppo tempo, si sono drammaticamente divisi quanto raramente era accaduto nella loro storia (ieri Schulz è stato accolto freddamente, al contrario degli anti Groko), e hanno finito per accettare una programma in cui, dal punto di vista dell’elettore socialista, rientrano al governo solo per far un favore all’establishment e in seguito alle pressioni del presidente francese, che neppure appartiene alla sinistra («Ieri mi ha telefonato Macron», ha confessato Schulz durante il suo discorso).
È certo che, visto il magro risultato (il sì ha vinto solo con il 56%), Schulz alzerà la posta, ma è improbabile che Cdu e Csu possano soddisfarlo, sapendo che difficilmente egli potrà tornare indietro. Una posizione che scontenta sia i «responsabili», favorevoli a una decisione più lesta e meno sofferta, sia ovviamente gli anti Groko, una platea ben più vasta della sola sinistra del partito. Come dimostrano i sondaggi: dal voto di settembre la Spd ha perso tre punti percentuali, quasi quanto quelli acquisiti dall’Afd, la destra radicale che ora rappresenterà la principale opposizione nel Parlamento. Anche se, come probabile, il governo dovesse durare solo fino al 2019, la Spd si troverà a fungere da portatore d’acqua della Cdu-Csu, perdendo ancora più consensi. Potremmo persino assistere, in caso di crollo repentino dei voti socialisti, a una disgregazione, una disruption politica : una parte degli elettori Spd attratti verso una formazione alla Macron assieme a una quota di democristiani (se la Cdu dovesse virare troppo a destra, dopo gli anni del centrismo merkeliano), e un’altra verso la sinistra radicale, la Linke. Dubitiamo quindi che la Groko ripristinerà la stabilità tedesca. A tutto vantaggio di Macron, il vero vincitore della giornata di ieri: con una Grande Coalizione senz’anima, una Merkel sul viale del tramonto e poco amata in patria, la Francia si appresta nei prossimi mesi a fungere da vero motore della coppia. Finché i francesi non cominceranno a stancarsi anche di Macron e i problemi delle finanze pubbliche di Parigi a riemergere.
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