Ferguson, ragazzo nero ucciso: la scena del crimine diventa un'opera

Ferguson, ragazzo nero ucciso: la scena del crimine diventa un'opera
di Antonio Bonanata
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Sabato 21 Novembre 2015, 10:49 - Ultimo aggiornamento: 12 Novembre, 12:20

Houston, abbiamo un problema. Stavolta, però, non c’entrano le missioni spaziali ma il razzismo. Al Museo di cultura afroamericana della città texana, infatti, sta per essere inaugurata una mostra che già fa parlare di sé. Il tema è l’esplorazione del razzismo da parte di alcuni artisti bianchi.

Ma l’opera che desta più scalpore è una riproduzione a grandezza naturale del corpo senza vita di Michael Brown, il 18enne di colore ucciso per errore dalla polizia di Ferguson, sobborgo di St.

Louis, nello stato del Missouri, nell’agosto del 2014.

Un caso che riaprì il dibattito sulle violenze da parte di poliziotti bianchi nei confronti della popolazione nera, quasi una recrudescenza dei momenti bui del Ku Klux Klan, dell’America wasp (white-anglo-saxon-protestant) e razzista. Quell’assassinio, purtroppo, è stato solo il primo di una serie di altri episodi di violenza, come la strage nella chiesa di Charleston, in South Carolina, lo scorso giugno, ad opera di un suprematista bianco di 21 anni.

L’opera incriminata fa parte della mostra “Gli abolizionisti: occhi diversi guardano la stessa realtà”, che aprirà ai visitatori questo venerdì. L’autrice dell’istallazione è l’artista di New Orleans Ti-Rock Moore, che ha voluto ricostruire nei minimi dettagli la scena del crimine: si vede infatti il corpo massiccio di un uomo nero prono, la faccia non visibile, circondato da coni e nastri usati dalla polizia, mentre in sottofondo si diffondono le note di “Angelitos Negros” cantata da Eartha Kitt. Non è la prima volta che Ti-Rock Moore espone la sua opera: in estate era già stata vista nella Guichard Gallery di Chicago.

Il padre del ragazzo ucciso, Michael Brown Sr, che era stato contattato dall’artista perché assentisse ad usare l’immagine completa del figlio agonizzante, ha negato la sua autorizzazione, mentre la madre ha detto sì, visitando il primo allestimento della controversa opera d’arte.

Molte le critiche già diffusesi online, cui Ti-Rock Moore ha risposto descrivendo il proprio background culturale come “privilegiato”. In un’intervista al sito web Pelican Bomb ha dichiarato: «A sera mi sento una grande, grossa anima bella liberale, con un enorme senso di colpa? Forse si, ma la mia battaglia è fermare il diffondersi di un odio irrazionale».

Il museo, intanto, si difende per bocca del suo direttore (nonché curatore dell’allestimento) John Guess: «Parte dell’obiettivo della mostra è chiedersi perché molte persone che non sono nere non si espongono come fa Ti-Rock Moore». Ha poi provocatoriamente aggiunto: «Dove sono oggi i nostri Peter Norman?», alludendo all’atleta australiano che appoggiò il gesto dei colleghi neri Tommie Smith e John Carlos, resi celebri dal pugno alzato sul podio alle Olimpiadi del Messico nel 1968.