Il futuro di Cuba tra Putin e Trump

di Massimo Teodori
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Lunedì 28 Novembre 2016, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 00:17
Ha ragione Donald Trump a ritenere Fidel Castro «un dittatore brutale che ha oppresso il proprio popolo per quasi sei decenni con ruberie, povertà e negazione dei diritti umani fondamentali». Ed ha avuto ragione anche Barack Obama a volere riaprire con coraggio i rapporti con Cuba mettendo fine all’isolamento di Cuba senza senso dopo venticinque anni dalla Guerra Fredda.

Che accadrà ora che alla Casa Bianca c’è un nuovo presidente, tutt’altro che tenero con la dittatura de L’Avana? E quali saranno i rapporti internazionali dopo che è scomparsa la patria sovietica del comunismo e stanno dissolvendosi le correnti pseudo-rivoluzionarie dei Paesi latino-americani a cominciare dal Venezuela di Chavez e Maduro?

Alla luce delle affermazioni elettorali di Trump, certamente enfatizzate per il voto della comunità cubano-americana della Florida, si dovrebbe dedurre che è sua intenzione chiudere l’ambasciata di Washington a Cuba e ribaltare il disgelo innescato dal predecessore. Ma, come noto, il neo-presidente è imprevedibile, e tra gli umori che lo caratterizzano v’è l’interesse del businessman pragmatico a considerare gli affari più della coerenza politico-ideologica.

Cuba è strangolata dalla povertà energetica ed alimentare, ed è priva di gran parte delle risorse necessarie che per anni le sono arrivate dagli “amici della rivoluzione”. È perciò che può essere interessata ad accogliere i “capitalisti” americani che vorranno aprire imprese nell’isola, dal turismo all’industria, dal commercio a quelle attività che con Fulgenzio Battista erano svolte dalla mafia che considerava L’Avana un prolungamento di Las Vegas.

Al momento, però, è difficile dire se l’interesse di Trump a sviluppare gli affari gli farà chiudere un occhio sul totalitarismo dell’isola, e in che direzione spingeranno i cubani della Florida. Ed è anche difficile prevedere se la scomparsa di Fidel migliorerà la situazione delle libertà individuali e dei diritti umani di cui l’Amministrazione statunitense dovrà pur tenere conto.

L’incognita principale, tuttavia, restano i rapporti internazionali. Benché il mondo bipolare sia finito da un pezzo, la Cina sia attenta soprattutto al commercio internazionale, e i Paesi latino-americani non coltivino più le velleità rivoluzionarie del Che, Mosca non smette di farsi avanti quasi voglia rappresentare un surrogato dell’Unione sovietica per influenza internazionale nei quattro continenti.

Alla morte di Fidel, Vladimir Putin, compiacendo la retorica castrista, ha dichiarato che vuole mantenere i rapporti tra Mosca e L’Avana con una significativa presenza nei Caraibi: «La Cuba libera e indipendente che Fidel e i suoi alleati hanno costruito, è divenuta un membro influente della comunità internazionale ed un esempio di ispirazione per molti Paesi». Con tale idea ostacolerà ogni riavvicinamento tra Cuba e Stati Uniti che conduca a un allontanamento de L’Avana da Mosca. Non si può del resto ignorare che Putin e Raùl Castro sono accomunati da molte cose tra cui la dittatura personale, gli affari delle rispettive clientele, e il disprezzo per la democrazia politica.

Nel triangolo tra Cuba, gli Stati Uniti e la Russia, vedremo, dunque, quali tendenze prevarranno. Tuttavia gli anni Duemila sono ben diversi dagli anni Sessanta del ‘900 quando l’isola caraibica aveva un ruolo geo-strategico negli equilibri bipolari. Cuba, oggi, non interessa più il consesso internazionale e non è un polo alternativo nel continente latino-americano. Per di più la chiesa cattolica sta giocando un ruolo centrale nella vita pubblica della nazione, come le mediazioni internazionali degli ultimi pontefici, Giovanni Paolo e Francesco, hanno ampiamente dimostrato all’opinione pubblica mondiale.

Questa è la ragione per cui è probabile che si andrà - inevitabilmente anche se non senza contrasti - verso un miglioramento o, addirittura, una normalizzazione dei rapporti tra il ricco Golia americano e il povero David cubano che deve fare i conti con lo storico disastro comunista.


 
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