Brexit, per le casse inglesi un conto da 100 miliardi

Theresa May
di Cristina Marconi
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Venerdì 18 Novembre 2016, 11:16 - Ultimo aggiornamento: 19 Novembre, 08:37

LONDRA - L'uscita dall'Unione europea costerà 100 miliardi di sterline in 5 anni alle casse dello stato britanniche. Da tempo il cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond va mettendo in guardia contro le «turbolenze» e «l'incertezza» verso cui il paese è avviato, ma la settimana prossima, in occasione del consueto discorso autunnale del responsabile dell'economia, annuncerà che il Regno Unito ha davanti a sé il più forte deterioramento dei conti pubblici dal 2011 ad oggi. È quanto ha scritto il Financial Times, sottolineando che la crescita più lenta del previsto e la frenata negli investimenti andranno a colpire le entrate fiscali.

Da quando il Regno Unito ha votato a favore della Brexit il 23 giugno scorso, non si sono verificate le conseguenze catastrofiche che molti organi, tra cui la Banca d'Inghilterra e il ministero del Tesoro, avevano predetto, andando a rafforzare nell'ala euroscettica dei Tories l'idea che l'uscita dalla Ue non sarà un trauma per Londra neanche se decidesse di procedere con una Brexit drastica comprendente l'uscita dal mercato unico. Hammond, che ha sempre sottolineato come gli elettori abbiano votato per la Brexit, non per la recessione, ha pagato questa sua posizione con l'isolamento all'interno del governo, tanto che la May ha dovuto riconfermagli pubblicamente la sua fiducia. Nelle previsioni economiche che il cancelliere illustrerà il 23 novembre, invece dell'avanzo di bilancio promesso dal suo predecessore George Osborne per il 2019-20, ci sarà un una serie crescente di dati sul deficit che porteranno ad un disavanzo considerevole. Ma siccome l'austerità degli anni di David Cameron è stata sconfessata dalla May, che vuole cercare di aiutare quella fascia della popolazione il cui scontento ha portato ad un voto che lei stessa non voleva, Hammond annuncerà dei piccoli tagli fiscali per aiutare le famiglie in difficoltà. Nei giorni scorsi sono circolati alcuni documenti redatti da società di consulenza secondo cui il governo non ha un piano coerente per la Brexit e per portare avanti gli aspetti tecnici a livello ministeriale avrebbe bisogno di 30mila funzionari in più, con conseguenti costi a cui il governo non sembra pronto a far fronte.

IL DETERIORAMENTO
Secondo le previsioni economiche dell'Ufficio per la responsabilità di bilancio, la crescita economica sarà debole fino al 2020 con un'inflazione alta e un calo degli investimenti delle imprese e il deterioramento dei conti pubblici sarà di circa 100 miliardi di sterline, anche perché il risparmio proveniente dal mancato pagamento dei contributi europei non può ancora essere conteggiato, non essendo ancora stato stabilito come avverrà. Secondo Ft, Hammond potrebbe doversi indebitare fino a 15 miliardi per quest'anno e il debito pubblico passerà dall'83% al 90%. Nei giorni scorsi era circolata l'ipotesi che Bruxelles stia preparando per Londra un conto da 60 miliardi di euro per uscire dalla Ue. Per ora l'economia britannica dà segni di buona salute, tanto che la disoccupazione è ai minimi degli ultimi 11 anni, con il 95% dei nuovi assunti nati al di fuori del paese. Un dato che può far storcere il naso ai pro-Brexit, ma che illustra anche quali siano i punti di forza del paese, tanto che la società di consulenza Deloitte, che occupa 16 mila persone, ha fatto sapere di essere pronta a spostare i suoi uffici dal Regno Unito qualora il governo rendesse difficile impiegare stranieri. «Abbiamo più di 100 nazionalità che lavorano per noi nel Regno Unito. Avere una forza lavoro diversificata è cruciale per poter crescere e innovarci», ha spiegato David Sproul, l'amministratore delegato. La politica di riduzione dell'immigrazione, secondo l'istituto degli Studi Fiscali, «renderebbe l'aritmetica dei conti pubblici ancora più difficile».

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