Dna, centro e nord Italia sono terre di mafia: le mani delle cosche su Roma, Emilia, Veneto, Lombardia

Dna, centro e nord Italia sono terre di mafia: le mani delle cosche su Roma, Emilia, Veneto, Lombardia
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Martedì 24 Febbraio 2015, 20:40 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 08:16
Vecchie e nuove mafie, dall'estremo sud fino a gran parte del nord. La Relazione 2014 della Direzione nazionale Antimafia illustrata oggi mostra un quadro inquietante, anche se il procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti parla di un bilancio «moderatamente ottimista» perchè, spiega, «sono calati i delitti dovuti alla criminalità, c'è stato un incremento delle misure di prevenzione ed il patrimonio sequestrato è ingentissimo, la cooperazione internazionale è migliorata».



In Sicilia Cosa Nostra - nonostante sia stata fortemente colpita da indagini e arresti da parte delle forze dell'ordine - anche nel 2014 ha continuato a dimostrare una «costante vitalità» nelle varie parti del territorio siciliano nelle quali è presente, a cominciare dal Distretto di Palermo. Il procuratore Roberti considera una «priorità assoluta» l'arresto del latitante Matteo Messina Denaro; nella Relazione la Dna chiede poi sanzioni più rigorose contro i mafiosi che tornano a delinquere.



La 'ndrangheta è descritta invece come un'organizzazione unitaria, ramificata a livello internazionale ma con la testa pensante nella provincia di Reggio Calabria, che grazie al suo potere economico ha la capacità di essere interlocutore per la politica. Nel porto di Gioia Tauro «gli 'ndranghetisti riescono a godere di ampi, continui, inesauribili, appoggi interni: il Porto è divenuto la vera porta d'ingresso della cocaina in Italia», scrivono gli investigatori.



Ma se allarmante è il persistere della situazione criminale al sud, ancora più inquietante è il quadro al nord. L'indagine Aemilia della Dda di Bologna «ha consentito di accertare la esistenza di un potere criminale di matrice 'ndranghetista, la cui espansione si è appurato andare al di là di ogni pessimistica previsione, con coinvolgimenti di apparati politici, economici ed istituzionali».



Così, una regione un tempo orgogliosamente indicata come modello di sana amministrazione e invidiata per l'elevato livello medio di vita dei suoi abitanti, oggi «può ben definirsi 'Terra di mafià nel senso pieno della espressione», afferma la Direzione nazionale Antimafia. A Milano predominano organizzazioni criminali di origine calabrese a discapito di altre compagini associative, come quella di origine siciliana.



Nel Veneto, i rischi di infiltrazione della criminalità organizzata, italiana e straniera, nel tessuto produttivo veneto risultano essere molto alti, «attesa l'elevata appetibilità economica della regione, a fronte di una ancora insufficiente presa di coscienza da parte delle strutture amministrative e sociali, a cui spetterebbe l'adozione di più consapevoli strumenti di contrasto preventivo». E a questo fosco quadro non si sottrae il centro Italia.



«Le indagini e i processi, assai numerosi, trattati negli ultimi anni dalla Dda dimostrano che» la tratta degli esseri umani, «forma moderna di schiavitù, è abbastanza diffusa nel territorio toscano».
E a Roma l'inchiesta su Mafia Capitale ha messo in evidenza, relativamente a ciò che ha riguardato la passata amministrazione, uno spaccato delle istituzioni romane «davvero sconfortante e preoccupante». Secondo i magistrati della Dna, l'organizzazione capeggiata dal presunto boss di Mafia Roma, Massimo Carminati, «oltre alle condotte tipicamente criminali dell'usura e delle estorsioni, ha realizzato una sistematica infiltrazione del tessuto imprenditoriale attraverso l'elargizione di favori e delle istituzioni locali attraverso un diffuso sistema corruttivo».
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