La discussione del caso si è svolta ieri nel tardo pomeriggio. Nel corso dell'udienza, la giudice relatrice della causa, Marta Cartabia, ha voluto porre alcune domande agli avvocati delle parti e invitarle ad alcune riflessioni: «La Regione - ha detto Cartabia - da un lato dice di non voler mettere in discussione i vaccini, dall'altro poi si diffonde in valutazioni medico scientifiche» che si traducono «in un tipo di critica che finisce per investire non solo l'obbligo vaccinale, ma anche i vaccini in sé per sé. Se una vaccinazione è considerata nociva, perché poi offrirla nelle prestazioni ai cittadini?».
«Tutte le vaccinazioni elencate nel decreto erano già previste - ha sottolineato inoltre la giudice - nei piani vaccinali. Chiedo quindi di fare una riflessione sul cambio di indirizzo del legislatore sull'obbligatorietà», cioè sulle motivazioni che lo hanno spinto a farlo. Inoltre «alcune delle misure previste nel decreto sono state rimodulate nella legge di conversione. Tra queste, c'è stata l'introduzione di un colloquio con i genitori. Invito le parti a considerare queste modifiche, a partire dal fatto che due vaccini che inizialmente erano obbligatori non lo sono più».
«In Italia non è mai accaduto che l'obbligo vaccinale fosse introdotto per decreto».
Ha detto Luca Antonini, uno dei legali della Regione Veneto. Il ricorso alla decretazione d'urgenza è uno dei motivi di ricorso della Regione sulla norma sull'obbligo vaccinale. «La necessità e urgenza - ha sostenuto Antonini - può essere utilizzata per singoli vaccini, non per tutto il pacchetto» e se è stata utilizzata a partire dal diffondersi dei casi di morbillo- «4.500 nel 2017 - ha detto il legale - questi erano poi scesi a 36 quando il decreto è diventato operativo». «La Regione Veneto - ha aggiunto Antonini - non è contro I vaccini, ma procede tramite consenso informato».
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