A sostenerlo è uno studio dell'Università del Maryland, basato su foto satellitari e pubblicato dalla rivista Nature. La copertura mondiale di alberi, nei 35 anni dal 1982 al 2016, secondo la ricerca è aumentata da 31 a 33 milioni di km quadrati. L'aumento maggiore si è verificato nelle foreste temperate continentali (+726.000 km quadrati), foreste boreali di conifere (+463.000 km2), foreste umide subtropicali (+280.000 km2), Russia (+790.000 km2), Cina (+324.000 km2) e Usa (+301.000 km2). Il riscaldamento globale ha fatto espandere le foreste nelle zone polari. Dove c'era la tundra, ora crescono gli alberi. Le zone montane hanno visto ugualmente ampliarsi la copertura di boschi, a causa delle temperature in salita e dello spopolamento.
Le zone tropicali nello stesso periodo hanno subito le perdite di alberi maggiori: le foreste umide tropicali (-373.000 km2), le foreste pluviali tropicali (-332.000 km2) e le foreste secche tropicali (-184.000 km2). Il Brasile è il paese che ha visto sparire più superficie alberata, -399.000 km2, più di Canada, Russia, Argentina e Paraguay messi assieme. Ma complessivamente, questa riduzione degli alberi nei paesi caldi è stata compensata e superata dall'aumento nei paesi temperati. I ricercatori del Maryland osservano che i loro dati apparentemente contraddicono quelli della Fao, che parla di una perdita netta di foreste dal 1990 al 2015.
Gli studiosi spiegano che l'agenzia agroalimentare dell'Onu prende in considerazione le foreste, mentre loro valutano la copertura di alberi.
Le piantagioni di palme da olio o di alberi per usi industriali che sostituiscono le foreste originarie, per la Fao sono deforestazione, per i ricercatori del Maryland sono sempre alberi.
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