Pericolo ritorsione/ I poliziotti eroi e la pubblicità che non serviva

di Paolo Graldi
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Sabato 24 Dicembre 2016, 00:11
La storia dei due poliziotti della Volante di Sesto San Giovanni, Luca Scatà, 29 anni, agente in prova, da Canicattì Bagni (Siracusa) e Christian Movio, 36 anni da Udine, ci racconta con maestosa semplicità la vicenda di due uomini delle forze dell’ordine che hanno compiuto il loro dovere senza retorica, quella che caso mai hanno usato altri con qualche ridondanza nel lodarne le gesta.
Sulla diffusione dei nomi degli agenti c’è polemica. Mentre il questore di Milano, in conferenza stampa, negava ai cronisti di poter rivelare quelle identità proprio per mettere i due poliziotti al sicuro da sempre possibili rappresaglie, al Viminale, annunciando ufficialmente i termini dell’operazione, il ministro dell’Interno Minniti forniva, insieme a una nutrita messe di elogi, tutti i dettagli sui due poliziotti. Due modi di vedere questo risvolto. Da una parte si è preferito dare il massimo rilievo ai protagonisti, dall’altra si è cercato di tenerli al riparo. Sui social, inevitabile, la polemica infuria tra chi invoca la massima segretezza e chi la vede in maniera opposta. Certo, come diremo, il pericolo di rappresaglie dal fronte jihadista non deve essere escluso, mai. I precedenti non mancano. 

Ne vengono fuori due personaggi di ordinaria bellezza, nel senso di due vite comuni al servizio della collettività, due vite esemplari che il caso ha portato all’attenzione senza confini. Loro, Scatà e Movio, hanno fermato e poi “reso inoffensivo” come si dice in gergo, il terrorista più ricercato, anche se in quel momento non sapevano chi fosse veramente: sapevano solo che quell’individuo voleva sottrarsi, anche uccidendoli, al loro controllo. Lo hanno fermato, non potevano fare altro. Scatà ha impugnato la pistola d’ordinanza e ha sparato due colpi.
Loro, Scatà e Movio, non hanno dovuto spendere parole per rappresentarsi. Parla il loro comportamento e persino di più la loro vicenda professionale ed umana. Due tra i tanti che la sorte ha reso, loro malgrado, famosi e uno, Scatà, quello che ha reagito alla violenza dell’energumeno che aveva di fronte, come agente è ancora in prova: è entrato nella lista degli idonei perché il sottosegretario Emanuele Fiano nelle scorse settimane è riuscito a far passare nella legge di Stabilità l’assunzione di alcune centinaia di agenti ch’erano in attesa del posto regolare. 
Sui social si rintracciano i ringraziamenti al sottosegretario che ha sbloccato una situazione di attesa, un bene, che si andava facendo insostenibile. 

Un atto di governo responsabile oltre che utile, che risponde a quel principio secondo il quale la Sicurezza, appunto con la esse maiuscola, è un prodotto e come ogni buon prodotto costa, ma vale la pena pagarlo per quel che rende. La stessa logica, con vistose sfasature e colpevoli silenzi nel recente passato, causa austerity e blocco del turn over, dovrebbe sempre farsi largo nelle scelte, in una materia che persegue appunto il bene di tutti. 
Movio, ferito a una spalla, e tuttavia non in pericolo di vita, già operato sta benino, è l’altra metà della storia semplice di due poliziotti come migliaia di loro colleghi, gente che tiene gli occhi aperti, che sa far girare il cervello e ha il fegato, chissà quante volte col cuore che palpita, di affrontare il pericolo col passo giusto. 
Non si fossero imbattuti senza saperlo nel terrorista killer della strage del mercatino di Natale a Berlino, pur con il medesimo tragico finale, se ne sarebbe parlato poco o niente di Scatà e di Movio, perché l’ordinaria amministrazione non fa quasi notizia. Ma stavolta è andata molto diversamente. 
Per bravura loro e anche per fortuna. Per coraggio e per sangue freddo. Quel ragazzone, i lineamenti vagamente magrebini, infagottato nel giubbotto col cappuccio rialzato, che si muoveva in piena notte nei pressi della stazione di Sesto San Giovanni era proprio l’uomo più ricercato d’Europa, era Anis Amri, l’assassino del Tir dell’orrore.
E così, quei due poliziotti a bordo di una Volante per il “controllo del territorio” in una normale notte di gelo, decidendo di fermare quell’individuo sospetto o comunque strano e di chiedergli i documenti di identità sono diventati in un battibaleno eroi per caso. E però anche eroi veri, portati agli onori più alti dalle autorità del nostro governo e di quelli degli altri Stati, riconoscenti per un gesto ordinario e eccezionale insieme, che ha tagliato le gambe ad un incubo tremendo, sapere che quell’assassino si aggirava libero di agire, di colpire. 

Un normale controllo, routine, ma all’interno di uno schema preciso e rigoroso che prevede l’identificazione per strada, l’osservazione critica del territorio che si muove, cangiante, e dunque su uno scenario aperto e sempre imprevedibile del maggior numero di persone, per tenere le maglie strette, per la sicurezza complessiva. 
L’obiettivo, l’altra notte, è stato raggiunto in pieno e per questo se anche il questore di Milano, a labbra serrate, ammette un pizzico di fortuna, è la nuova strategia a segnare un punto. Nessuno si nasconde il fatto che la vicenda della uccisione del tunisino, certamente inserito in una ragnatela di complicità, comporti anche il pericolo di ritorsioni contro la polizia o più in generale contro le forze dell’ordine: a questo proposito insieme con l’intensificazione dei servizi il capo della polizia Franco Gabrielli ha disposto un innalzamento del livello di attenzione proprio su questo fronte. Una precauzione che segnala il grado di allerta e la intensità delle misure adottate. Agli alti piani del Viminale non si nascondono con realismo anche questa eventualità. Altrove è accaduto.
Da quegli attimi concitati, non imprevisti e imprevedibili ma comunque improvvisi, con Amri che finge di cercare i documenti richiesti nello zainetto e invece impugna la pistola tenuta nel sacco e fa subito fuoco, è arrivata la risposta ad un pericolo gravissimo, su tutti. Il pericolo del terrore resta incombente e tuttavia sentirsi più sicuri aiuta molto. 
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