Il pm aveva chiesto una condanna a 800 euro di multa, mentre il difensore del writer, l'avvocato Angela Ferravante, aveva chiesto l'assoluzione per l'artista, che ha anche collaborato a diverse mostre: «Non aveva alcuna volontà di imbrattare - ha sostenuto durante l'arringa - ma era convinto che le sue poesie migliorassero i luoghi». Il caso giudiziario era nato da una scritta comparsa sul muro di fronte alla Biblioteca Bicocca, che aveva portato un gruppo di guardie ecologiche a sporgere denuncia. Interrogato dalla polizia locale, l'imputato si era autodenunciato portando con sé una ventina di foto dei suoi interventi sui muri cittadini. Tutti quelle opere sono state contestate nel capo di imputazione. Si tratta di brevi poesie, composte da un solo verso: «Ci sono vite che capitano e vite da capitano»; «Scriviamo un futuro semplice per un passato imperfetto»; «Una pagina bianca è una poesia nascosta».
«Io non deturpo lo spazio pubblico, le mie vernici sono ad acqua e le opere si cancellano col tempo», si era difeso il poeta di strada durante l'interrogatorio reso in aula in una delle scorse udienze.
Al giudice aveva spiegato di aver agito «sempre dopo avere condiviso le sue intenzioni con gli abitanti della zona» prescelta. Secondo Tresoldi, inoltre, «non sempre c'è bisogno di una formale autorizzazione per effettuare certi interventi, basta quella verbale, ma conclamata, dei cittadini». Fra 90 giorni saranno depositate le motivazioni.
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