Milano, chiesto giudizio per Fatima e altri 10. Il pm: «Esultò per strage di Charlie Hebdo»

Milano, chiesto giudizio per Fatima e altri 10. Il pm: «Esultò per strage di Charlie Hebdo»
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Sabato 21 Novembre 2015, 13:37 - Ultimo aggiornamento: 17 Novembre, 19:34
Aveva esultato per la strage nella redazione parigina di Charlie Hebdo e la morte di quei fumettisti trucidati era «cosa gradita». Scriveva così in due sms inviati lo scorso gennaio, all'indomani della prima ferita inferta alla Francia dai 'sodatì dell'Isis, Maria Giulia Sergio, la ragazza italiana che si è convertita all'Islam e con il nome di 'Fatima Az Zahrà è partita per combattere in Siria, a fianco del marito mujaheddin, per l'esercito del califfo Abubakr Al Baghdadi.



Ora per lei, la prima foreign fighter italiana al centro di un'inchiesta e tuttora latitante, per Aldo 'Said' Kobuzi, l'uomo con cui si è sposata nel settembre dell'anno scorso e con cui vivrebbe nella zona di Raqqua, e per altre 9 persone, tra cui il padre Sergio Sergio e la sorella Marianna, la Procura di Milano ha chiesto il processo. Le accuse a vario titolo sono terrorismo internazionale, organizzazione del viaggio per finalità di terrorismo e favoreggiamento.



La richiesta di mandare a giudizio gli 11 è stata firmata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dal pm Paola Pirotta, titolari delle indagini che lo scorso luglio avevano portato a emettere ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di nove presunti jihadisti (5 dei quali latitanti), tra cui appunto 'Fatimà, il marito albanese e la madre di quest'ultimo, Donika Coku, che dalla Siria aveva assistito a «lapidazioni» e «teste mozzate».



Cinque mesi fa andarono in carcere il padre, la madre (morta lo scorso 6 ottobre) della ragazza di Inzago, paese nel Milanese, sua sorella Marianna, Baki Coku e Arta Kakabuni, due zii di Kobuzi. Secondo la ricostruzione dei pm, Maria Giulia Sergio, dopo aver lasciato il piccolo centro alle porte di Milano, arrivata in Siria, si è addestrata per mesi per combattere a fianco delle milizie del sedicente Stato Islamico: era pronta al «martirio» e stava «imparando a sparare» con il kalashnikov. Da lì via Skype avrebbe incitato i suoi familiari a seguire il messaggio del «Abubakr Al Baghdadi». Per lei, come per il leader dell'Isis, il «musulmano che non può raggiungere lo Stato Islamico è chiamato a compiere obbligatoriamente il jihad nel luogo in cui si trova, e il jihad consiste nell'uccidere i miscredenti».



E ancora: «Noi qui - aveva detto - stiamo ammazzando i miscredenti per poter allargare lo Stato Islamico». Suoi i due messaggi intercettati dagli uomini della Digos in cui esultava per il massacro nella redazione di Charlie Hebdo. «Cosa gradita per i fedeli!!! Dio è grande! Due dei mujaheddin hanno assassinato i fumettisti, quelli che hanno offeso il Profeta dell'Islam, in Francia. Preghiamo Dio di salvarli dalle loro mani». E poi: «Habibty Allahu Akbar sono morti i vignettisti che si burlavano del Messaggero pace e benedizione su di lui... !!! Bisogna fare sujud di ringraziamento»



Ma dalle carte dell'inchiesta sono spuntati anche i nomi di arruolatori e reclutatori dell'Isis, tra cui il turco Ahmed Abu Alharith «coordinatore dell'arrivo dei foreign fighters in Siria», un libico «coordinatore dell'invio dei combattenti» e Abu Sawarin «responsabile dei 'francesì in arrivo nel territorio dello stato islamico». Gli investigatori, analizzando i tabulati di un arruolatore, hanno tracciato una mappa «della provenienza degli aspiranti combattenti»: Afghanistan, Algeria, Marocco, Arabia Saudita, Georgia, Libia, Libano, Francia, Oman, Svezia, Iraq, Svizzera e San Marino.



L'opera di «convincimento» da parte dei 'soldatì dell'Isis sui loro familiari, è scritto negli atti dell'inchiesta, è prerogativa di tutti i terroristi in Siria.
Tra le persone per cui a Milano è stato chiesto il processo ci sono anche altre due donne di cui si sono perse le tracce e cioè la sorella 19enne di Kobuzi, Serjola e Haik Bushra una canadese di 30 anni, accusata di aver svolto un ruolo decisivo «nell'arruolamento» di Fatima e della «sorella, e due favoreggiatori che non furono arrestati la scorsa estate.
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