Perché no/ Fare un figlio non può diventare un dovere civico

di Massimo Teodori
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Venerdì 2 Settembre 2016, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 00:17
Chi guarda con spirito libero il Fertility day promosso dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin è attratto dal problema che può riguardare un settore notevole dei cittadini italiani d’ambo i sessi.

Ma al tempo stessa resta perplesso per il modo in cui un organo dello Stato affronta una questione di salute che attiene alla vita personale e familiare. 

È vero che il tasso di natalità in Italia è sceso al livello più basso della storia nazionale - una media di 1,35 figli per donna – al di sotto della stessa curva demografica europea che a sua volta è depressa. Il paradosso è che nei primi vent’anni del dopoguerra gli italiani erano tra i popoli più prolifici d’Europa, tanto che i gruppi laici promossero una campagna per il controllo delle nascite allora proibito dal codice penale fascista che esaltava la “difesa della stirpe”. Oggi, invece, è più che mai aperta la discussione se e come sia opportuno invertire la tendenza verso la decrescita della popolazione. 

Le poche nascite che si registrano nel nostro Paese, solo in parte compensate da un più alto tasso di prolificità degli immigrati, comportano problemi di non poco conto: lo squilibrio tra i giovani che sono sempre meno ed i vecchi che sono sempre più, con l’inevitabile conseguenza sul mercato del lavoro, sull’equilibrio tra lavoratori e pensionati, e sulla tenuta del welfare, in particolare del sistema pensionistico. 

La perplessità sull’iniziativa del ministro deriva tuttavia dall’avere messo la fertilità al centro del problema della natalità e di avere diffuso slogan di gusto ed effetto assai dubbi: “La bellezza non ha età, la fertilità sì”, “Non mandare gli spermatozoi in fumo”, “Datti una mossa. Non aspettare la cicogna”. Diversi sono gli interrogativi che si impongono: siamo sicuri che la prima causa del basso tasso di natalità derivi principalmente dalla fertilità? Il ministro è sicuro che un’intrusione così aggressiva su un problema così personale sia la maniera giusta per esercitare le responsabilità proprie del suo ministero? 

A noi pare piuttosto opportuno che l’intervento pubblico sulla denatalità punti in primo luogo su un’organizzazione sociale in cui i giovani possano essere meglio stimolati alla famiglia e alla prole. L’attenzione dovrebbe essere rivolta innanzitutto - scrivo innanzitutto e non esclusivamente - alle agevolazioni fiscali per le persone d’ogni sesso che mettono al mondo figli, alle condizioni di lavoro delle donne (che dire delle lettere di dimissioni in bianco in caso di maternità?), ed alle strutture di sostegno per quella maternità e infanzia a cui un tempo, se pure in regime fascista, era stata intestata un’opera nazionale. 

Per quel che riguarda il lato della salute, che certo non va trascurato, più che su un’aggressione mediatica che mette in relazione l’età della donna con la sua fertilità, cosa del resto ben nota ad ogni essere umano, occorrerebbe puntare su una razionale campagna di informazione sessuale come parte necessaria di un moderno sistema scolastico sottratto a pregiudizi ideologici. 

Il ministro della salute ha molte maniere per affrontare la questione senza ripercorrere le campagne nataliste dei regimi autoritari, così come gli obblighi abortisti per un solo figlio sono stati caratteristici della Cina totalitaria. L’infertilità, causata da tanti moderni fattori ambientali, ha certamente la sua importanza nella questione delle nascite, ma non può essere messa in evidenza isolatamente. Forse è il caso di ricordare al ministro Lorenzin che da tempo gli italiani attendono una seria organizzazione dei centri per la fecondazione assistita comprensiva delle pratiche per l’eterologa che sono stati fin qui boicottati con il paradossale risultato di un massiccio turismo procreativo all’estero. 

Scegliere di fare figli, e scegliere come e quando farli è una materia - o meglio una pulsione – che deve restare nella sfera privata, nel regno cioè della libertà individuale. Libertà che però è composta da dimensioni diverse tutte indispensabili: la morale e la materiale, l’ economica e la sociale, la psicologica e l’ideologica. Nel tempo del “grande fratello” è più che mai opportuno salvaguardare nella sfera privata anche la libertà dalle imposizioni dirette e indirette dello Stato che ha il compito di assicurare le migliori condizioni in cui possano meglio svilupparsi le personalità degli individui.



 
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