Difendere i più deboli dalle trappole social

di Maria Latella
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Sabato 4 Novembre 2017, 00:21
La storia è quasi vecchia come il mondo: due bambine, 14 anni appena, e due violentatori. Succede dall’inizio del mondo. Succede in tempo di pace, ma succede più spesso in tempo di guerra. La differenza con quel che è accaduto a Roma nei giorni scorsi, è che in tempo di guerra i genitori sanno di dover difendere i loro bambini dalla violenza sessuale degli invasori. Questo fa ne “La Ciociara” Sofia Loren: difende la figlia con la disperazione che solo una madre può provare. Perché sa, prevede, capisce, quel che sta per succedere.

<HS9>In tempo di guerra i genitori lo sanno. Oggi, invece, i genitori non sanno. Non hanno capito di essere in guerra. O non vogliono saperlo.

La storia è nuova come nuovo è il mondo social nel quale stanno crescendo i nostri bambini. Michela (nome inventato e spero resti sconosciuto per sempre. Che qualcuno la protegga, a cominciare da noi) ha conosciuto il suo violentatore su Facebook. Ha intrattenuto con lui una relazione virtuale. Nessuno le ha detto che “ Alessio il Sinto” aveva 21 anni e non 14 come lei. Nessuno è andato a leggere quel che si scrivevano quei due. Poi, un giorno, Alessio ha deciso che era il momento di passare dalla realtà virtuale alla realtà e basta. Ha dato un appuntamento a Michela e lei ha accettato.
Perché a 14 anni si dice sì a un corteggiatore che ti fa sentire importante. E perché a 14 anni si è assolutamente pronti a correre qualsiasi pericolo. È l’incoscienza della post infanzia o già adolescenza. La patria potestà esiste per questo: per impedire ai quattordicenni di farsi male da soli. Gli adulti, di solito i genitori, vegliano sui loro piccoli, perché gli umani hanno una crescita più lenta rispetto ad altre specie animali.
<HS9>Così Michela è andata all’appuntamento col suo corteggiatore di Facebook. Ragazzina, ma non proprio sprovvedutissima, si è portata dietro un’amichetta. Coetanea. Purtroppo anche Alessio non è andato all’appuntamento da solo. Si è portato un amico e pure due paia di manette, assai utili per legare Anna e l’altra ragazzina. Per violentarle in pace.

Questa, in sintesi, la storia. I particolari, come si diceva, in cronaca. La madre che scopre gli incontri (ma non ancora la violenza), Alessio che minaccia quando a Michela viene impedito di incontrarlo e, infine, la tremenda scoperta: due bambine violentate. Ferite a morte. Per sempre.
<HS9>In tempo di guerra succede e se i genitori non capiscono di essere in guerra, allora, lasciatemelo dire, peggio per loro. Se non capiscono che tutto è, drammaticamente, peggiorato, che non possono fare riferimento a parametri vecchi anche solo di dieci anni, allora, diciamocelo con franchezza, corrono rischi enormi e li fanno correre ai loro figli.

Bambini di 13 o 14 anni lasciati liberi di contattare ed essere contattati sul web sono prede più che facili. Anche gli over the top, Facebook in questo caso, corrono qualche rischio, però. Del genere che li preoccupa di più. Che cosa succede se, un bel giorno, la famiglia di un minore che è stato violentato da qualcuno incontrato sul web, decide di fare causa a chi quell’incontro ha favorito?

Si dirà: tocca forse alle grandi multinazionali della rete vigilare? La risposta è: dovrebbero trovare il modo. Quelli che guadagnano cifre che nel quartiere dove Anna è cresciuta non riescono neppure a immaginare dovrebbero proteggere i quattordicenni. Ma fino a quando non saranno obbligati a farlo, ricordarglielo farà loro lo stesso effetto che procura il solletico al vostro gatto di casa.

<HS9>La meritoria iniziativa avviata dalla ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli che è andata in una scuola romana a parlare di “Basta bufale” per camminare ha bisogno di gambe robuste in viaggio per tutto il Paese. Ha bisogno di parole che arrivino nella testa dei bambini, ma, soprattutto, in quella dei genitori.
<HS9>Qui non si sta sostenendo che la rete è il Male Assoluto. Ma senza controlli si, il Male si insinua. E se i genitori non lo capiscono, se non capiscono che avere figli, nell’era della rete, significa vigilare, e vigilare e vigilare ancora, la tragedia di Anna si ripeterà. 

Parlare ai bambini è utile. Ascoltarli è ancora più utile. Ma senza quella cosa antica che facevano i nostri genitori, perdere meno tempo nella telefonata a un’amica e più tempo nel dare un’occhiata agli Iphone dei figli, senza quella cosa antica che si chiama responsabilità, la storia di Anna non rimarrà l’unica e tragica. Perché a 14 anni la responsabilità è di chi ti ha messo al mondo. E questo e’ un mondo nel quale le orribili conseguenze della guerra capitano anche in tempo di pace. 
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