Il caporabbino Di Segni: «Chi lo ha fatto non rappresenta la città»

Il caporabbino Di Segni: «Chi lo ha fatto non rappresenta la città»
di Francesca Nunberg
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Domenica 26 Gennaio 2014, 21:17 - Ultimo aggiornamento: 27 Gennaio, 08:20
Nel Levitico scritto E anche il porco, che ha l'unghia spartita ma non rumina, lo considererete impuro. Secondo la kasherut, l’insieme delle regole alimentari ebraiche, il divieto di cibarsi di carne di maiale è imprescindibile, condiviso con l’Islam. Nel libro della scrittrice americana Elizabeth Strout “I ragazzi Burgess”, uscito qualche mese fa, la storia comincia con un giovane che lancia una testa di maiale insanguinata all’interno di una moschea, suscitando scandalo e ritorsioni; difficile però che gli autori di questa macabra provocazione abbiano preso spunto da lì. Ne parliamo con il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni.

Dal punto di vista dottrinale cosa significa il maiale per gli ebrei?

«Non lo mangiamo, è vietato dalla Bibbia. Ma i pacchi con le teste dei suini non rappresentano una specifica offesa nei confronti degli ebrei. I musulmani se la sarebbero presa molto di più».

Quindi come legge questo episodio?

«Credo che risponda ad altri codici, mafiosi, forse calcistici. Per capirlo bisognerebbe però entrare nella testa di chi ha compiuto questo gesto. O in quel poco di testa che gli è rimasta».

Comunque un’azione più spregevole che inquietante?

«Sicuramente un gesto di disprezzo nei confronti della nostra cultura. Di trasposizione, ma anche di semplificazione: voi non lo mangiate e noi ve lo mandiamo a casa».

Che gli autori siano dei balordi potrebbe essere un’interpretazione ottimistica...

«Qui c’è poco da essere ottimisti. Ma non bisogna neanche esagerare».

Crede anche lei che i pacchi spediti a ridosso del Giorno della Memoria non siano una coincidenza?

«I fatti sono legati. Vuol dire che c’è ancora gente che non ha capito il senso del ricordo, che esistono “attivisti” non meglio identificati in grado di mettere in atto queste scempiaggini, direi meglio queste porcherie, visto che di porco stiamo parlando. Oltretutto uno dei destinatari dei pacchi è il museo di Trastevere dove è stata appena inaugurata la mostra sui giovani che ricordano la Shoah».

C’è chi dice che la Giornata rischia di trasformarsi in una noiosa celebrazione.

«Diciamo invece che non bisogna stancarsi di cercare continuamente la chiave giusta per fare arrivare a tutti il significato di questa dolorosa ricorrenza. Che forse non arriva, o arriva parzialmente».

Il sindaco Marino ha detto: chi oltraggia gli ebrei offende Roma. Pensa che sia così?

«Chi ha confezionato quei pacchi non rappresenta la città».

Dunque lei non considera quelle teste di maiale un salto di livello nell’antisemitismo strisciante, in Italia e ancor più in altri Paesi europei?

«Mi pare che la novità sia la forma mediatica, questo mi ha sorpreso stamattina quando l’ho saputo. Diciamo la “creatività” di questo gesto che comunque si inserisce nel flusso di ostilità antiebraica mai definitivamente debellata. Che ha diverse matrici: politica, sia di sinistra che di destra, religiosa, islamica, il discorso sarebbe lungo».

Quindi come reagire?

«Restando sempre vigili. Ma io stanotte andrò a dormire».
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