«Coglie nel segno», scrive la Cassazione nella sentenza 57503, l'obiezione della difesa di Vianny B. «in merito alla inconfigurabilità» del delitto di istigazione al suicidio (art. 580 cp). La norma in questione, spiegano i supremi giudici, «punisce l'istigazione al suicidio, e cioè a compiere un fatto che non costituisce reato, a condizione che la stessa venga accolta e il suicidio si verifichi o quantomeno il suicida, fallendo nel suo intento, si procuri una lesione grave o gravissima». La Cassazione conclude sottolineando che «la soglia di rilevanza penale individuata dalla legge in corrispondenza della consumazione dell'evento meno grave impone quindi di escludere la punibilità del tentativo, dato che, per l'appunto, non è punibile neppure il più grave fatto dell'istigazione seguita da suicidio mancato da cui deriva una lesione lieve o lievissima».
Per questi motivi, i supremi giudici hanno confermato il sequestro del cellulare dell'indagato solo per il reato di adescamento e non anche per l'istigazione al suicidio come aveva invece fatto il Tribunale di Roma in veste di giudice del riesame, con ordinanza del 28 giugno, dando seguito alla richiesta del pm.
La competenza del tribunale della capitale fa supporre che la “vittima” sia residente a Roma, mentre il tentativo di Vianny B. di spostare la competenza a Bologna, luogo dal quale avrebbe compiuto l'adescamento on-line, fa ipotizzare che l'indagato risieda nel capoluogo emiliano.
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