Addio a Bernabei, vertici Rai: la sua eredità e le nuove sfide

Addio a Bernabei, vertici Rai: la sua eredità e le nuove sfide
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Domenica 14 Agosto 2016, 21:24 - Ultimo aggiornamento: 15 Agosto, 18:35
La Rai dell'era Fanfani, che si incaricava dell'educazionè degli italiani con programmi come "Non è mai troppo tardi" del maestro Manzi e "Rischiatutto", e quella di oggi, che lancia la sfida al digital divide con "Complimenti per la connessione". La Rai dei grandi sceneggiati, capaci di coniugare spettacolarità, rigore filologico e attori di livello internazionale, e quella che diversifica l'offerta per catturare i millennials senza spiazzare il pubblico tradizionale. La Rai bollata all'epoca dalla sinistra come "feudo catto-democristiano" e quella di oggi, nel mirino dell'opposizione che grida alla «normalizzazione renziana».

All'epoca di Ettore Bernabei come oggi, la sfida per Viale Mazzini resta la stessa: conservare ruolo e identità del servizio pubblico e misurarsi con le pressioni della politica. La Rai come »rappresentazione dell'identità collettiva, luogo inclusivo in grado di raccogliere tutti: questo "l'elemento fondativo" della lezione di Bernabei secondo l'attuale dg Antonio Campo Dall'Orto.
«Oggi come ieri, anche se in forme diverse - dice - è fondamentale per noi essere servizio pubblico, una tv in grado di 'servirè al Paese in questo momento». In questo anno da capo azienda, nel dialogo con Bernabei, Campo Dall'Orto ha trovato, «come elemento fondamentale di vicinanza, proprio la concezione della Rai come luogo dell'identità collettiva, anche nella società digitale».

E poi »l'impegno per portare la nostra cultura nel mondo«. Sul piano personale, l'attuale dg Rai ricorda di Bernabei la
«lucidità nella lettura degli eventi, ma anche i suoi occhi da ragazzo, la voglia di contribuire a un progetto di ampio raggio». Niente consigli particolari, comunque, rispetto al rapporto con la politica: »Abbiamo sempre dialogato su una visione editoriale di lungo periodo«, assicura. Oggi, ammette il dg, il rapporto con lo spettatore è diventato più paritetico. Ma questo non toglie nulla rispetto alla volontà di parlare a tutti, di dare a tutti gli elementi per orientarsi nel mondo». Rispetto all'epoca del monopolio «gli operatori sono tanti e grandi: a maggior ragione - conclude Campo Dall'Orto - bisogna avere l'ambizione di raccontarsi e di guardare fuori. È fondamentale per il futuro della Rai».

La «solidità della visione» di Bernabei è il messaggio forte colto anche dalla presidente Monica Maggioni: «A farmi impressione soprattutto era quanto lui fosse dentro le cose, non nel senso di essere legati al quotidiano minimo - spiega  - quanto in termini di consapevolezza, comprensione della complessità, dei meccanismi dell'attuale sistema dei media. Un aspetto che da una parte non deve sorprendere, vista la qualità straordinaria della persona, capace anche a 70 anni di rimettersi in gioco, dall'altra è illuminante».

Nei confronti con l'ex dg, «che non avevano mai tratti di banalità», emergevano con prepotenza anche «la grandissima visione internazionale», la consapevolezza che oggi «un paese non lo si aggredisce solo con le speculazioni di Borsa, ma anche sul piano culturale, con i programmi, con il tentativo di renderlo irrilevante nella costruzione di una cultura collettiva». E poi «l'idea che il servizio pubblico sia un luogo che contribuisce a formare il nostro essere cittadini, a creare una comunità che dialoga anche nelle differenze sui grandi temi».

Oggi come allora, la Rai è al centro della polemica politica, «ma nel dialogo con lui la volontà di trasferire una visione era così forte che il dibattito quotidiano si stemperava di fronte alla missione che avevi di fronte.
Certo, considero il dibattito fisiologico, legato al fatto che la Rai è considerata di tutti, come è giusto che sia. Ma il punto - sottolinea Maggioni - è dove la porti, che progetto hai, se è in grado di dare più opportunità a ogni italiano e a tutti insieme». Una sfida, ancora oggi, rispetto alla quale la lezione di Bernabei resta «determinante».
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