Meloni e Salvini, Schlein e Conte: sfide e incognite per i leader nel 2024

Leadership alla prova e a confronto

Meloni e Salvini, Schlein e Conte. Sfide e incognite per i leader nel 2024
di Francesco Bechis
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Sabato 23 Dicembre 2023, 22:57

Per tutti la data da cerchiare in rosso è una sola: 6 giugno 2024. Quando apriranno le urne delle elezioni europee, il D-day per decidere chi governerà e come l'Europa dei prossimi cinque anni. Diversa è la strada per arrivare al voto Ue. E gli ostacoli sul percorso. Giorgia Meloni e Matteo Salvini, Elly Schlein e Giuseppe Conte. Leadership alla prova e a confronto.

Le sfide di Meloni

Non sarà business as usual l'anno che si apre per i protagonisti della politica italiana. C'è il grande test europeo, certo. Ma anche un primo giro di boa per la legislatura, non solo per l'ordalia di Bruxelles. Le riforme istituzionali, il rinnovo della classe dirigente dei partiti, l'incerto futuro dei centristi in cerca di autore.

Con ordine. Il 2024 sarà «un anno difficile» per Giorgia Meloni. E' la premier ad ammetterlo, con un po' di scaramanzia, durante gli auguri ai dipendenti di Palazzo Chigi. Anzi, sarà un anno "più difficile" di quello appena trascorso, sospira lei.

Un po' perché viene meno un'esimente più volte richiamata dalla destra-centro al governo. E cioè l'"inesperienza" di chi da solo un anno è entrato nella stanza dei bottoni e ha dovuto portare avanti, e in qualche caso smontare, il lavoro del predecessore. Vedi il Pnrr, il Recovery italiano smontato e rimontato come un lego dal ministro stacanovista agli affari Ue Raffaele Fitto per evitare di perdere i fondi europei (che finora stanno arrivando puntuali, contro tanti pronostici).

Giustizia, premierato, autonomia

Ma i tempi per gli anniversari e i dejavu sono finiti e nel 2024 il "governo dei patrioti" dovrà difendere e portare avanti un programma, il suo, che non può più attendere agli occhi degli elettori. Esempi? Le riforme istituzionali. Il premierato caro a FdI da un lato. L'autonomia differenziata cara alla Lega (e molto meno a FdI) dall'altro. In mezzo, la riforma della Giustizia e della separazione delle carriere fra giudici e pm che non è più "rinviabile", tuona Forza Italia nel nome del Cavaliere.

Ci vorrà tempo perché i ritocchi alla Carta (o l'attuazione di alcune sue disposizioni, come il federalismo, che sulla carta a lungo sono rimaste) prendano forma. Ma è questo l'anno della semina e forse qualcosa di più. Per Matteo Salvini dare un segnale sui poteri speciali alle Regioni non è un optional.

Farlo prima di giugno è anzi un obiettivo dichiarato del Carroccio e il suo leader per fare man bassa di voti (o provarci) alle Europee e riconquistare il Nord nostalgico della Lega bossiana. Lo stesso vale per FdI e il premierato, riforma assai più ingombrante perché richiede di rivedere interi capitoli della Costituzione e rischia, anzi promette di ridisegnare gli stessi poteri del presidente della Repubblica.

Il test dei congressi

Fin qui le sfide maestre per Lega e FdI, Giorgia e Matteo. Che qui, ovviamente, non finiscono. Ci sono gli equilibri interni ai partiti da mantenere, o cambiare se necessario. I congressi locali e regionali (nel caso della Lega, si attende il Congresso nazionale per fine anno) da cui la guida dei capi può uscire rafforzata. O forse no. Con i Fratelli si parte a gennaio, quando si apriranno le danze dell'attesissimo congresso di Roma, occasione d'oro per le correnti interne (sì, esistono anche qui) di pesare e pesarsi a vicenda.

Schlein e il rebus Conte

Che dire delle opposizioni? Plurale obbligato, perché del campo largo a lungo discusso e vaticinato non c'è traccia, per il momento. Chissà se ha abbandonato le speranze Elly Schlein, la segretaria dem, volgendo lo sguardo al tabellone della Camera giovedì scorso, quando Giuseppe Conte ha votato contro la ratifica del Mes insieme a tutto il Movimento Cinque Stelle e al tandem Lega-FdI.

Che sia o meno tornato il "Conte uno", che gettava guanti di sfida all'Europa fianco a fianco con Salvini e Di Maio, certo il sussulto sovranista non ha fatto sorridere i vertici del Nazareno. E pensare che solo pochi giorni fa Schlein ha incassato un'inattesa quanto gradita investitura dal padre nobile dei dem Romano Prodi. il "Professore" per cui Elly giovane attivista minacciò di "occupare" il Pd dopo la mesta vicenda dei franchi tiratori che gli hanno sbarrato la strada per il Quirinale.

Federare o no? Questo è il grande cruccio per la leader in sneaker dei democratici italiani costretta a prendere una direzione o l'altra già alla vigilia del voto europeo. Fossero questi gli unici crucci di Schlein, il 2024 non farebbe così paura. Ma come nel centrodestra anche qui, nel campo progressista, già si staglia l'ombra dei prossimi test sui territori. Come le elezioni regionali che scandiranno questo 2024, ben cinque:  Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria. Un altro momento della verità per il "campo largo" che riempie le pagine dei giornali e latita nei palazzi della politica. 

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