Figli coppie gay e fine vita, nuova bacchettata della Corte Costituzionale. Barbera: «Serve legge»

Nella relazione annuale il presidente stigmatizza il silenzio del legislatore: "Sta portando a numerose supplenze nelle Regioni e al disordinato e contraddittorio intervento dei sindaci"

Figli coppie gay e fine vita, nuova bacchettata della Corte Costituzionale. Barbera: «Serve legge»
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Lunedì 18 Marzo 2024, 11:58 - Ultimo aggiornamento: 16:21

La Corte Costituzionale chiede, di nuovo (lo fece già Giuliano Amato), di riempire i vuoti legislativi su temi molto sentiti come il fine vita e i figli delle coppie gay. «Non si può non manifestare un certo rammarico per il fatto che nei casi più significativi il legislatore non sia intervenuto, rinunciando ad una prerogativa che ad esso compete, obbligando questa Corte a procedere con una propria e autonoma soluzione, inevitabile in forza dell'imperativo di osservare la Costituzione».

È uno dei passaggi della Relazione del presidente della Consulta Augusto Barbera che auspica «sia un intervento del legislatore» che dia seguito alla sentenza "Cappato" «sul fine vita», sia un intervento «che tenga conto del monito relativo alla condizione anagrafica dei figli di coppie dello stesso sesso». «In entrambi i casi il silenzio del legislatore sta portando, nel primo, a numerose supplenze delle assemblee regionali; nel secondo, al disordinato e contraddittorio intervento dei sindaci preposti ai registri dell'anagrafe», ha sottolineato Barbera. 

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Barbera: «Nel 2023 atroci casi di femminicidio e una media di tre morti sul lavoro al giorno»

«Il 2023 è stato anche l'anno che ha visto in Italia atroci casi di femminicidio, o registrato, comunque, numerose e ripugnanti violenze contro le donne. Ed è stato l'anno in cui oltre mille (una media di ben tre al giorno!) sono state le agghiaccianti morti sul lavoro», ha sottolineato Barbera nella sua relazione che viene illustrata alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nella sala Belvedere di Palazzo della Consulta. «Tragedie queste ultime che, direttamente o indirettamente, hanno visto e vedranno impegnata la giurisprudenza della Corte costituzionale, sia per quanto riguarda la condizione femminile, sia per quanto riguarda importanti aspetti dell'organizzazione del lavoro nelle imprese», ha spiegato Barbera.

Consulta, nel 2023 assunte 229 decisioni

«​Nell'anno passato sono state assunte 229 decisioni, contro le 270 del 2022».

Così il presidente della Corte Costituzionale Augusto Antonio Barbera durante la Riunione straordinaria a Palazzo della Consulta. Il calo del numero delle decisioni, aggiunge Barbera, «si collega, in particolare, alla riduzione del numero dei ricorsi in via principale. Nell'anno 2023, infatti, ne sono stati promossi solo 35, con una diminuzione di circa il 60% rispetto all'anno precedente».

«Tale sensibile decremento del contenzioso tra Stato e Regioni è verosimilmente imputabile ai meccanismi di raccordo politico fra Governo e Regioni che permettono loro di mediare tra le reciproche posizioni e di raggiungere punti di composizione». «Merita particolare attenzione, inoltre, la tendenza ormai acquisita ad un alleggerimento delle questioni in via incidentale - prosegue - Vi è stato - è vero - un lieve incremento numerico delle ordinanze di rimessione nel 2023 - salgono infatti da 160 a 170 - ma esse restano largamente inferiori alla media sulla quale si erano attestate negli anni tra il 2009 e il 2013». «Ci si può chiedere: una simile flessione corrisponde ad un effettivo allentamento delle problematiche costituzionali poste all'attenzione delle magistrature? Non è così - sottolinea il Presidente della Corte - Piuttosto - aggiunge Barbera - è possibile riscontrare la formazione di orientamenti di giurisprudenza, più o meno episodici, che, attraverso una attività interpretativa orientata direttamente ai valori costituzionali (o ritenuti tali), finiscono per risolversi in una più o meno grave disapplicazione di disposizioni legislative, persino da parte di giurisdizioni superiori»

«Naturalmente - continua - non intendo negare il ruolo fondamentale che il giudice comune può e deve esercitare, ma piuttosto ricondurlo ai limiti della sua sfera di competenza, allontanando quegli «eccessi valoriali» da cui talvolta non pochi di essi si sentono pervasi. Sollevare una questione di legittimità non è di certo una funzione minore. Anzi - mi piace ricordarlo - appartiene alle più belle pagine della giurisprudenza costituzionale, la spinta proveniente, fin dai primi anni, da quelle ordinanze di rimessione delle allora «magistrature inferiori» (i celeberrimi «Pretori») che hanno portato alle tante conquiste di civiltà giuridica del nostro Paese». «Ed è in quest'ambito che la giurisprudenza di questa Corte (non senza qualche oscillazione nel corso degli anni) ha incoraggiato - e intende continuare a farlo - le «interpretazioni costituzionalmente orientate» operate dal giudice comune. Tuttavia - conclude - ove queste non siano possibili, o diano luogo a soluzioni contrastanti, l'ordinamento richiede un giudizio di legittimità costituzionale destinato ad operare non solo nel caso singolo, ma erga omnes, proprio a garanzia - lo ripeto - della certezza del diritto»

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