Defezioni in Fli, Camera respinge sfiducia
Berlusconi: lo sapevo. Alle 17 al Quirinale

I disordini alla Camera (foto Ettore Ferrari - Ansa)
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Martedì 14 Dicembre 2010, 09:41 - Ultimo aggiornamento: 9 Febbraio, 23:57

ROMA (14 dicembre) - Prima il Senato a met mattina poi la Camera alle 13,42, hanno confermato la fiducia al governo Berlusconi. Al Senato la mozione di fiducia passata 162 a 135, mentre alla Camera le due mozioni di sfiducia presentate dalle opposizioni e da Fli sono state respinte con 314 voti contrari e 311 favorevoli (2 gli astenuti sui 625 votanti). Decisive le defezioni all'interno di Fli. Il tutto mentre a Roma scoppiavano incidenti durante le manifestazioni di protesta inscenate dagli studenti.

Sfiducia bocciata per tre voti. Sono stati solo tre i voti con i quali è stato possibile alla maggioranza bocciare le mozioni di sfiducia nei confronti del governo. Determinanti quelli di Massimo Calearo, Bruno Cesario e Domenico Scilipoti, i tre deputati del “Movimento di responsabilità nazionale”, ricevuti dopo il voto da Berlusconi. Un peso lo hanno avuto anche il non voto di Silvano Moffa (Fli), che era presente in Aula ma non ha risposto a nessuna delle due chiame, e quello di Antonio Gaglione, ex Pd e oggi Noi Sud che a Montecitorio non si è visto. Ovviamente determinanti anche i voti di Catia Polidori e di Maria Grazia Siliquini, entrambe di Fli, che alla fine hanno deciso di votare contro le mozioni di sfiducia.

Quando Fini ha proclamato il risultato si è scatenato un applauso. Dai banchi di Pdl e Lega si è subito urlato in coro «dimissioni, dimissioni!». A seduta sospesa si è sentito cantare l'Inno di Mameli. Un gruppo di parlamentari leghisti è invece uscito intonando Va Pensiero.

Fini: «Un commento alla fiducia? Tra poco lo farò, non c'è fretta», dice il presidente della Camera Gianfranco Fini lasciando l'Aula dopo la bocciatura della mozione di sfiducia. Ai cronisti che tentano di avvicinarlo replica solamente «state buoni almeno voi». Alcuni deputati del Pdl, mentre passa attraverso il Transatlantico gli urlano: «Dimettiti coglionazzo».

Fini: vittoria numerica, vedremo se politica. Il presidente della Camera ha riunito Futuro e Libertà nel suo studio, presenti Bocchino; Briguglio; Granata; Napoli; Bellotti; Barbareschi; Germontani; Rosso e altri finiani. «La vittoria numerica di Berlusconi è evidente quanto la nostra sconfitta, resa ancor più dolorosa dalla disinteressata folgorazione sulla Via di Damasco di tre esponenti di Futuro e Libertà. Che Berlusconi non possa dire di aver vinto anche in termini politici sarà chiaro in poche settimane», ha detto Fini.

«Ve lo dicevo che Fli si spaccava», avrebbe detto Berlusconi incontrando alcuni esponenti dell'esecutivo e del Pdl nella sala del governo e commentando con loro le defezioni di Futuro e Libertà. Appena ottenuta la fiducia Berlusconi ha imboccato velocemente il corridoio verso l'uscita. Poi è tornato sui suoi passi e circondato dai commessi è entrato in Transatlantico dove ha ringraziato i deputati di maggioranza. «Fatemi andare a ringraziare». Poi, man mano che il capannello cresceva sono cresciute anche le spinte tanto da consigliare il premier ad uscire da Montecitorio. «Sono sereno ora come lo sono sempre stato», le parole di Berlusconi.

«Vado in Europa molto più forte», ha detto Berlusconi festeggiato da ministri e esponenti di maggioranza, riferendosi alla sua prossima partecipazione alla riunione del Consiglio europeo. Il premier ha quindi riservato un particolare ringraziamento ai leghisti, per il tramite del capogruppo Marco Reguzzoni: «Siete stati bravissimi».

Il premier alle 17 al Quirinale. Berlusconi ha incontrato Bossi e Tremonti a Palazzo Chigi. Alle 17 salirà al Quirinale.

Maroni: allargare la maggioranza o si vota. Quella di oggi è la vittoria del «primo tempo» di una partita, ora il premier «ha detto anche ieri al Senato che intende allargare la maggioranza» e bisogna vedere come andrà questa operazione perchè altrimenti «è meglio andare al voto» perchè tutto bisogna fare tranne che «replicare la pessima esperienza del governo Prodi», ha detto il ministro Roberto Maroni.

Bossi: «Per tutto il casino che si vede in Aula, l'unica igiene è il voto». Così il leader della Lega in Transatlantico. «Ma non vedete che casino c'è in Aula? Così la gente vede quello che succede in televisione, si allontana dalla politica e capisce che non si può continuare. Passiamo, passiamo. Abbiamo il voto che ci mancava», conclude poi il ministro per le Riforme.

Bersani: «Non cambia nulla, il governo così non ce la fa. La crisi politica esce drammatizzata», commenta il segretario del Pd. Bersani rivendica l'impegno del Pd per tentare di far cadere il Governo: «Abbiamo ottenuto il massimo in questo momento». Il leader Pd respinge anche ipotetiche accuse di aver sbagliato a seguire Fini e Casini: «non vedo lo sbaglio, la maggioranza aveva 60-70 voti di vantaggio e ora ne ha solo tre».

Bersani: scandalosa compravendita. «È una vittoria di Pirro. Siamo al governo Scilipoti-Razzi. Evidentemente si è verificata una vicenda totalmente scandalosa di compravendita di voti, che consegna al Paese un governo più debole e un'opposizione più ampia», dice il segretario del Pd al termine del vertice del Partito democratico. «C'è una palese impossibilità - sostiene Bersani - a governare e dare risposte al Paese in un momento di gravissima tensione e di delicata situazione economica».

D'Alema: 3-4 voti comprati. «Un episodio abbastanza vergognoso nella storia parlamentare. In sostanza il Governo vince per 3-4 voti comprati, alcuni in modo palese altri meno - commenta Massimo D'Alema - 314 voti raccattati in questo modo non sono la base per governare il paese. Temo che il voto sia più vicino». Alla domanda se dal passaggio parlamentare ne escono male i finiani, il presidente del Copasir risponde: «Ne esce male il paese. È evidente che con 314 voti non si governa. Tra l'altro non si sa se coloro che oggi sono andati in soccorso del governo voteranno sempre per la maggioranza o se applicheranno una tariffa giornaliera - osserva sarcastico - Il rischio di elezioni anticipate è più vicino, ma c'è sempre in campo il governo di responsabilità nazionale che oggi non ha perduto in nulla la sua attualità. Il voto conferma che l'attuale maggioranza non c'è più e che il governo non è in grado di andare avanti». Duro, D'Alema sul premier: «Berlusconi - dice - si conferma un fattore di corrompimento del sistema democratico. Era possibile uscire da questa crisi prendendo atto della crisi del centrodestra e dando vita a un nuovo governo, invece Berlusconi ha scelto la rissa, l'inganno, la compravendita dei singoli parlamentari».

Rutelli: Berlusconi salvato da due dipietristi. «Il presidente del consiglio si è aggrappato al voto di due dipietristi che fino a ieri gettavano sacchi di immondizia sui banchi del governo e oggi votano per lui così come sui voti di altri transfughi del centrosinistra, per afferrare per pochi voti una maggioranza parlamentare - dice a TgLA7 il leader dell'Api - Oggi dovrebbe iniziare un governo di larga convergenza perchè la situazione dell'economia e del lavoro lo impongono e se non vi fossero le condizioni sarebbe meglio andare a votare. Con una maggioranza di cento voti in più questo governo non ha fatto nessuna riforma significativa, figuriamoci adesso. Il ciclo di Berlusconi è finito, perchè Fini non gli ha dato la fiducia».

Cicchitto e Gelmini a Fini: dimettiti. Dice Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl: «Ora il presidente della Camera deve riflettere attentamente su quello che pacatamente gli abbiamo detto in aula». Il ministro per la Pubblica istruzione, Maria Stella Gelmini, non usa mezze parole: «Ora Fini dovrebbe dimettersi dalla presidenza della Camera. Chi si è reso artefice e responsabile di questa» spaccatura all'interno della maggioranza che ha portato a un nuovo voto di fiducia, «deve trarne le dovute conseguenze. Le dimissioni, secono me, si impongono».

La seduta sospesa. La finiana Catia Polidori vota contro la mozione di sfiducia. Il Pdl si scatena in un applauso. Scoppia un tafferuglio tra Fabio Granata e Giorgio Conte. I commessi bloccano i deputati che cercano di venire alle mani. Antonio Bonfiglio prova ad attaccare Gianni Fava ma è bloccato da Guido Crosetto e dai commessi. Fava grida a Fini: «Tutto grazie a te». Il capogruppo del Carroccio Marco Reguzzoni prova a riportare la calma insieme ai commessi. Ma Giorgio Conte continua ad inveire contro gli ex alleati della maggioranza. I deputati della Lega e quelli di Fli sono in piedi tra i banchi parlandosi a distanza. La seduta riprende dopo un paio di minuti.

Moffa si astiene. Dopo non aver risposto alla prima chiama, Silvano Moffa annuncia che voterà la sfiducia, ma contesta apertamente l'intervento tenuto da Bocchino durante la dichiarazione di voto, chiedendone le dimissioni e un chiarimento in Fli. Poi però non risponde alla seconda chiama e si astiene, come Antonio Gaglione (Noi sud) .

No di Maria Grazia Siliquini: torno nel Pdl. La deputata Fli annuncia l'intenzione di dire no alla sfiducia. «Sono serena, la mia è stata una scelta coerente. Non ho condiviso la gestione di Fli, ora lascio il gruppo e torno nel Pdl - dice la Siliquini - Ho deciso in base alla coscienza e del rapporto con gli elettori che è antico. Mi hanno chiesto la firma sulla mozione di sfiducia in tre minuti, non si fa così. E poi da settembre non è cambiato nulla rispetto al precedente voto di fiducia». L'ex deputato dell'Idv Antonio Razzi vota contro la sfiducia, dal Pd e dall'Idv partono “Buu ”e e cori di “venduto”, mentre i deputati del Pdl battono le mani.

In Aula le tre deputate incinte. «Arrivo, sarò li a mezzogiorno - aveva assicurato Federica Mogherini in una telefonata a Dario Franceschini - A meno che non mi si rompano le acque ora sarò in Aula puntuale». E alle 11 ha fatto il suo ingresso, accolta da un applauso caloroso. Arrivate anche Giulia Bongiorno e Giulia Cosenza, la cui partecipazione al voto è stata fino all'ultimo in forse, a causa di ragioni di salute legale alla loro gravidanza. Giulia Bongiorno è stata fatta sedere in una sedia a rotelle per entrare. Immediato l'applauso dell'opposizione e di Fli. Il primo a rivolgerle però un caloroso benvenuto è il vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi (Pdl).

Guzzanti lascia i liberali, ma dice no alla fiducia. «Mi dimetto dal Partito Liberale perchè ci sono state pressioni che non mi sono piaciute. Ma questo non ha nulla a che vedere con la mia decisione sul voto di sfiducia: non vuol dire che voterò la sfiducia», annuncia Paolo Guzzanti a pochi minuti dal voto di sfiducia. Ieri la segreteria dei liberali lo aveva invitato a votare la sfiducia: una «pressione» che a Guzzanti non è piaciuta. Nessuna pressione, invece, da Berlusconi: «Non lo vedo da due anni», replica ai giornalisti. E casualmente incontra proprio il Cavaliere. Pochi minuti di un colloquio apparentemente cordiale al termine del quale Guzzanti, che è stato a guida della commissione di indagine Mitrokin, si limita a dire: «Abbiamo parlato di Putin». Nel suo intervento a titolo personale, pur fra distinguo, Guzzanti conferma comunque il suo no alla fiducia.

Parla Di Pietro, Berlusconi e Pdl lasciano l'Aula. Il leader dell'Idv Antonio Di Pietro dice a Berlusconi, nel suo intervento nell'Aula di Montecitorio, che «l'impero di cartapesta» è giunto al capolinea. Berlusconi per un po' resiste, dopo di che si alza e tra gli applausi del Pdl abbandona i banchi del governo, seguito da tutti i deputati del Pdl. «Finalmente oggi inizia la fine del suo impero di cartapesta, perchè qualunque sia il risultato del voto, un dato è certo: lei non ha più una maggioranza politica per governare - attacca Di Pietro - Lei è arrivato al capolinea della sua esperienza politica. Non le resta che consegnarsi alla magistratura e farsi processare. Pavido e fuggitivo, è riprovevole, con il voto comprato oggi ha violato il Parlamento e violentato la Costituzione».

Casini pretende il rientro di Berlusconi. «Io non parlo. Poichè non ho affeso mai nessuno vorrei parlare con il presidente del Consiglio presente». Una volta rientrato in Aula il presidente del Consiglio, Casini ha incominciato il suo discorso.

Casini: fermare la corsa verso l'ignoto. «Mi auguro che voglia fermare, in zona Cesarini, la dissennata corsa verso l'ignoto, che poi sarebbe il noto, cioè le elezioni - attacca Casini - Tanto affannarsi per un voto o due in più non capisco a cosa serve. O è un'esibizione muscolare fine a se stessa o è una lucida corsa verso le elezioni anticipate. Si perde l'occasione per un sereno esame di coscienza, per l'assunzione di una responsabilità più alta, per indicare all'Italia una rotta nuova. La richiesta di dimissioni prima del voto che noi le rinnoviamo e la sua eventuale accettazione non sono per noi una pretesa e non sarebbero per lei una resa, ma la consapevolezza che serve al Paese cambiare passo. E invece marciamo consapevolmente verso il baratro». Casini infine ha riomproverato a Berlusconi alcune dichiarazioni attribuitegli, circa l'atteggiamento delle gerarchie eccesiastiche nei confronti dell'Udc: «La Chiesa si serve per convinzione non per usarla strumentalmente nelle nostre beghe politiche. L'Udc difende i valori in cui crede, ma è un partito laico di ispirazione cristiana».

Bocchino: votiamo sfiducia, il ribaltone lo fa lei. «Lei non ha armonizzato il centrodestra, lo ha diviso. Ho il dovere di respingere al mittente l'accusa di tradimento. Ho cominciato a fare politica nel Fronte della gioventù e già allora il mio leader era Fini. Se ha bisogno di trovare un traditore si giri attorno a lei... - così attacca Italo Bocchino, capogruppo di Fli alla Camera, rivolgendosi a Berlusconi per annunciare la sfiducia dei finiani. Punta il dito sul «metodo Boffo» adottato da Il Giornale contro «di noi e i nostri familiari. Il centrodestra non è Publitalia, non è il marchio di una sua holding... Non esiste in Italia un beneficiario della Prima Repubblica come lei, presidente del Consiglio. Ci faccia lezione su come si diventa ricchi, ma non su altro, mai su come si combattono le degenerazioni politiche. Quando noi scendevamo in piazza contro il comunismo, lei costruiva palazzi mentre eravamo in piazza a picconare la Prima repubblica, lei parlava con i suoi personaggi di terreni edificabili e concessioni tv. Lei ci ha espulso per lesa maestà, si serve dei voti dell'opposizione per cacciare brutalmente chi è stato eletto in maggioranza. Il ribaltone lo ha fatto lei espellendo per lesa maestà il presidente Fini. Questo è il ribaltone della volontà popolare: si serve dei voti dell'opposizione per cacciare coloro che sono stati eletti in maggioranza. Lei sta tradendo la rivoluzione liberale promessa agli italiani. Si dimetta, noi voteremo compatti la sfiducia». Il clima è sempre più teso. Tra esponenti del gruppo misto e quelli del Pdl e della Lega scoppia un battibecco a distanza che Fini cerca di interrompere: «Se non la smettete sarò costretto a interrompere la seduta».

Bersani: comunque vada sarà una sconfitta. «Noi siamo tranquillissimi perchè comunque vada oggi per voi sarà una sconfitta, sarà una vittoria di Pirro. Lei, presidente non è più in grado di governare e con un voto in più insegue l'instabilità pilotata per guidare la macchina verso le elezioni - dice il segretario Pd nel suo intervento - Siamo davanti ad un voto incerto, la conta è mobile, certe botteghe non chiudono mai, sono aperte h 24 anche in questi minuti. Ai colleghi incerti voglio dire: non diamo troppo tempo al tramonto, pensiamo al paese che è stanco e vuole cambiare. Questa giornata passerà ma noi non possiamo vedere i bagliori di un tramonto non solo del governo ma, temiamo, di un paese. Voi vi siete autoribaltati - ha attaccato il leader Pd - e noi non vogliamo che si ribalti il paese». Bersani, alludendo all'apertura ai moderati parla di «curioso dibattito: c'è un sacco di moderati in giro e c'è un sacco di urla. Io non so più cosa voglia dire questa parola: moderato per me è chi riesce a tirare la carretta con mille euro al mese e non quelli che portano i soldi all'estero e che voi condonate, o quelli che coi trattori difendono i truffatori delle quote latte. La povera gente è moderata in questo paese, quella gente che porta pazienza oltre il segno».

La Lega: non buttare a mare la legislatura. «Non buttiamo a mare la legislatura, non andiamo a finire in un pantano; andiamo avanti insieme e diamo ai cittadini riforme di cui il Paese ha bisogno - afferma Marco Reguzzoni - A noi piacerebbe essere qui per discutere uno dei tanti provvedimenti che servono al paese e invece siamo qui per l'ennesima volta a subire una manovra nata dentro il Palazzo, da chi è stato eletto con noi». Commentando le parole appena pronunciate da Italo Bocchino, Reguzzoni dice: «Non sono degne di uno eletto nella maggioranza di governo. Vi dichiarate di centrodestra ma volete un governo tecnico, con l'appoggio di chi ha perso le elezioni, che mira a portarci in una pantano che non porta a niente. La Lega non lo permetterà mai. Siamo contro le manovra oscure e partitiche, contro quelli che non vogliono mai cambiare e farci rimanere nella palude».

Cicchitto: Di Pietro semi-analfabeta. Il capogruppo del Pdl offende il leader dell'Idv Antonio Di Pietro definendolo «un laureato semi analfabeta». I deputati del Pdl applaudono a lungo, ma Di Pietro, con l'indice su labbra e naso fa segno ai suoi di non reagire alla provocazione. Solo quando Cicchitto parla della mozione di sfiducia al governo Di Pietro, apre e chiude le dita verso l'alto gridando «avete paura vero?». «Invito gli esponenti di Futuro e libertà a non votare la sfiducia a questo governo - prosegue poi Cicchitto - che è disposto ad accogliere alcune proposte su temi economici così come è disposto a discutere di riforme a partire dalla legge elettorale». Cicchitto lancia un siluro anche contro Fini, perché ricopre in modo «anomalo» l'incarico di presidente della Camera. «Utilizza il suo ruolo di terzietà per modificare il quadro politico, questo crea uno squilibrio molto forte nel cuore sistema istituzionale e un precedente molto pericoloso».

I radicali per la sfiducia. «Riconfermo il voto di sfiducia al governo della delegazione radicale», ha annunciato Marco Beltrandi.

Svp si astiene. «Non abbiamo mai pensato a modificare la nostra collocazione politica tenuta fino ad ora. Esprimiamo e confermiamo il nostro voto di astensione», ha detto Siegfried Brugger.

Arrivando al Senato il premier si era dichiarato fiducioso sull'esito delle votazioni, ribadendo quanto detto nella cena di ieri sera con i deputati («Sono sicuro che in Senato avremo la fiducia, alla Camera vedremo»). Ieri Berlusconi aveva proposto un patto ai moderati, respinto da Casini, lanciando anche un appello ai finiani, che però dopo una giornata di fibrillazioni si sono alla fine ricompattati intorno al presidente della Camera.

L'intenzione annunciata ieri sera da Berlusconi era comunque quella di andare avanti anche se i voti di scarto fossero stati pochi, governando, come avviene in Canada, con un esecutivo di minoranza, nella speranza di convincere i moderati di Fli e Udc a sostenere il governo. Ma se ciò non fosse possibile secondo il Cavaliere bisogna prepararsi «meglio» per «una fantastica campagna elettorale», convinti di vincere sia alla Camera sia al Senato.

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