Def, caos maggioranza: bocciato alla Camera. E il governo lo rivota

Incidente alla Camera: almeno 40 defezioni nel centrodestra. Giorgetti informa Bruxelles: «Ok dell’Ue a tutti i documenti»

Def, caos maggioranza: bocciato alla Camera. E il governo lo rivota
di Mario Ajello
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Venerdì 28 Aprile 2023, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 10:59

La maggioranza di centrodestra chiede di ripetere il voto. Perché il voto sulla relazione del governo sullo scostamento di bilancio non è andato bene per la coalizione di governo. Tutto accade alle 16.40, nell’aula della Camera. Si vota il documento per il ricorso all’indebitamento: 3,4 miliardi da utilizzare subito, con un decreto da approvare in consiglio dei ministri il primo maggio per tagliare il cuneo fiscale dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi. Altri 4,5 miliardi per ridurre le tasse l’anno prossimo. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è seduto tra i banchi del governo. Si vota. I sì sono 191, i no 19, 105 gli astenuti. La Camera respinge. Tra i banchi delle opposizioni esplode un lungo applauso. Il volto di Giorgetti si fa scuro. Serviva la maggioranza assoluta dei componenti dell’assemblea di Montecitorio per far passare la relazione, ma l’asticella della maggioranza si è fermata sotto: sei voti in meno. Gli assenti: 15 deputati della Lega, 14 di Fratelli d’Italia, 14 di Forza Italia, 2 di Noi Moderati.

I vertici di Fratelli d’Italia assicurano subito: «Non è un problema politico ma di assenteismo puro». Ovvero, dicono anche nella Lega, «non ci siamo resi conto che i numeri non c’erano». E dunque, è accaduta la brutta figura e la bocciatura di un passaggio fondamentale per l’attività dell’esecutivo in carica. I ministri sono arrabbiati con i propri parlamentari: «In momenti così delicati devono essere tutti in aula». Invece, banchi vuoti e scivolata politica. A Montecitorio il caos. Mentre al Senato le votazioni si sono concluse con il via libera alla relazione e alla risoluzione di maggioranza al Def. Ma occhi, appunto, alla Camera. Dove non si è potuto procedere con la votazione sulle risoluzioni. Tutto da rifare. In aula cala il silenzio quando arriva la sorpresa.

Alcuni deputati del centrodestra lamentano l’assenza dei alcuni loro capigruppo.

Inizia la conta dei “disertori”. Dai banchi del Pd monta la protesta. «La maggioranza, con i numeri che ha, si è dimostrata incapace di approvare il primo atto di programmazione economica, avete fallito», dice la presidente dei deputati dem, Chiara Braga. In Transatlantico arrivano anche i parlamentari di Alleanza Verdi-Sinistra. «Non avere i numeri per approvare il Def è un segnale di impreparazione e di irresponsabilità politica, unita a scarso senso delle istituzioni che dovrebbe preoccupare e non poco la presidente Giorgia Meloni», twitta il capogruppo di Azione-Italia Viva, Matteo Richetti.

I titolari del governo si danno appuntamento in un nuovo consiglio dei ministri, e la maggioranza parlamentare chiede di ripetere il voto. Giorgetti resta in aula per venti minuti dopo il flop. All’uscita è perentorio: «Nessun problema politico, è che i deputati o non sanno o non si rendono conto della delicatezza delle cose che stiamo facendo». In serata rassicurerà la Commissione bilancio: «Tutti i documenti redatti da questo governo hanno avuto parere favorevole della Commissione Ue». Il suo vice, Maurizio Leo, spiega che occorrerà una riunione del consiglio dei ministri - poi fissata a Palazzo Chigi per le 18.30 - per una nuova richiesta di autorizzazione al Parlamento, modificando i saldi. Quindi un nuovo passaggio alle Camera e al Senato, prima in commissione Bilancio, poi in aula. Dalla conferenza dei capigruppo alla Camera arriva però un’indicazione diversa: ripetere il voto sul medesimo testo. E le opposizioni protestano addirittura parlando di «golpe». 

 

LE ACCUSE

E comunque, dopo il consiglio dei ministri lampo ecco la decisione: il Def non ha subito modifiche rispetto a quello già trasmesso, è stata modificata solo la relazione. Il Pd e le opposizioni esultano: «La maggioranza non c’è più». E naturalmente fanno la loro propaganda sui 40 assenti. I ministri invece minimizzano: «Preoccupato per lo scivolone della maggioranza? Nessuno scivolone - osserva Gennaro Sangiuliano, titolare della Cultura - e questa è soltanto una vostra definizione». Svicola e minimizza anche il vicepremier Matteo Salvini: «Buonasera e buon lavoro», dice ai cronisti. Mentre tra i partiti della maggioranza fioccano accuse reciproche sugli assenti: ne avete più voi; no, siete voi che eravate già in vacanza. Sotto tiro specialmente gli azzurri.

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Tra chi non ha partecipato al voto figura il capogruppo Paolo Barelli, dato in missione. Tabulati alla mano, non c’erano in Aula anche: Raffaele Nevi (che a quanto si apprende era impegnato a rappresentare il gruppo a Terni per la presentazione delle liste in vista delle amministrative), Deborah Bergamini (in missione a un seminario del Ppe a Vienna), Giovanni Arruzzolo, Andrea Orsini, Francesco Maria Rubano, Gloria Saccani Jotti, Fabrizio Sala, Luca Squeri, la compagna del Cav Marta Fascina (rimasta al fianco di Berlusconi al San Raffaele). Uno degli assenti azzurri, Rubano, spiega che cosa è successo: «Ero a Roma. Sono stato in conferenza stampa con Tajani per la presentazione della due giorni di Forza Italia a Milano ai primi di maggio. Mi sono recato in Aula, ho preso regolarmente la scheda dai commessi, poi sono andato in bagno e non sono riuscito a raggiungere in tempo l’emiciclo. Sono arrivato, purtroppo, a operazioni di voto concluse». E ora, come diceva Ginettaccio Bartali: l’è tutto da rifare.

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