L’unico punto fermo è che il Parlamento, col voto di ieri della Camera, vieta di produrre e vendere in Italia carne non prodotta da animali. Già su come chiamarla nascono le polemiche: per chi la combatte è artificiale, come se provenisse da sintesi di prodotti chimici. È definita, invece, coltivata, da chi è a favore, che usa l’esempio di quella che si usa per sostituire la pelle umana dopo le ustioni particolarmente gravi del corpo. Fatto sta che la Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge presentato dal ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida che proibisce «la produzione e immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati».
Deciso anche il divieto dell’uso nelle etichette di denominazione che evocano la carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali.
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IL PASSAGGIO
Comunque, l’Italia è il primo Paese europeo a vietarne l’uso. Un primato di cui essere orgogliosi, secondo il ministro Francesco Lollobrigida e la Coldiretti che per prima ha raccolto due milioni di firme. Una legge inutile, nel migliore dei casi, secondo gli avversari, perchè proibisce qualcosa che è già proibito: le autorità europee non hanno finora concesso alcuna autorizzazione alla commercializzazione e al consumo della carne di questo genere (non importa se chiamata, coltivata o sintetica) che stando a un regolamento del 1997 tuttora in vigore non può assolutamente essere messa in commercio, se non dopo un rigoroso iter che ancora non è iniziato. E’ vero, piuttosto, che sono in corso ricerche e sperimentazioni, che adesso potrebbero fermarsi in Italia lasciando il Paese indietro rispetto agli altri. D’altro canto, laddove l’Ue dovesse autorizzarne – ma chissà quando - la commercializzazione, l’Italia non potrà opporre limitazioni in base alle norme comunitarie sulla circolazione delle merci.