Sofia Castelli, non regge la confessione dell'assassino Zakaria Atqaoui: dal mazzo di chiavi all'arma del delitto. Perché avanza l'ipotesi dell'omicidio premeditato

Il nordafricano è entrato in piena notte nell'appartamento dell'ex fidanzata sapendo che i famliari della studentessa non c'erano

Sofia Castelli, non regge la confessione dell'assassino Zakaria Atqaoui: dal mazzo di chiavi all'arma del delitto. Perché avanza l'ipotesi dell'omicidio premeditato
di Mario Landi
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Domenica 30 Luglio 2023, 20:15 - Ultimo aggiornamento: 31 Luglio, 08:10

Zakaria Atqaoui ha davvero confessato tutto a proposito dell'omicidio dell'ex fidanzata Sofia Castelli? La ventenne studentessa universitaria alla Bicocca è stata uccisa nel sonno con fendenti alla gola inferti con un coltello da cucina oppure l'assassinio è arrivato durante una lite? E perché il 23enne magrebino aveva ancora un mazzo di chiavi dell'appartamento di Cologno Monzese dove sapeva di trovare solo Sofia, dato che i familiari della giovane erano partiti per le vacanze in Sardegna? Sono ancora tanti i misteri dietro l'ennesimo femminicidio: l'italomarocchino rischia l'aggravante della premeditazione, che gli può costare 30 anni di carcere, anche se con il suo atteggiamento cerca di indirizzare gli inquirenti verso un gesto innescato da un impeto non previsto.

 

Dopo aver ammazzato l'ex fidanzata, il nordafricano, l'altro ieri mattina è andato nei pressi del sede della polizia locale fino ad attirare l'attenzione di una pattuglia: aveva i vestiti imbrattati di sangue e ripeteva di avere ammazzato Sofia.

Era in stato confusionale, ma è riuscito a farsi capire: poco dopo le forze dell'ordine hanno avuto conferma di ciò che temevano.

Il mazzo di chiavi

Ma perché il 23enne, nonostante la fine della relazione con Sofia, è entrato nell'appartamento dei Castelli, evidemente con un mazzo di chiavi che non aveva restituito dopo che aveva smesso di frequentare quella famiglia "che l'aveva accolto come un figlio". L'arma del delitto è stata presa dalla cucina che lui del resto conosceva bene, ma quali posso essere le intenzioni di chi viola in questo modo il domicilio dell'ex fidanzata che di lui ne voleva più sapere? Forse discutere ancora con lei della fine della relazione.   

Un capitolo importante delle indagini ruota proprio su quel mazzo di chiavi.  Gli inquirenti in queste ore stanno vagliando le dichiarazioni rese dal reo confesso e gli accertamenti effettuati nell'abitazione della vittima, per capire come Atqaoui sia entrato in casa per poi aggredirla a morte. Gli esiti potrebbero valere al 23enne l'aggravante della premeditazione.

È plausibile che il giovane fosse in possesso di un secondo mazzo di chiavi di casa Castelli, un duplicato effettuato senza comunicarlo ai proprietari o più probabilmente rubato dall'appartamento pochi giorni prima del delitto, quando Sofia ha definitivamente chiuso la relazione. L'interrogatorio di garanzia, previsto tra domani e martedì, potrebbe fornire ulteriori conferme.

Ciò che è certo è che Sofia sabato sera è andata in discoteca con alcune amiche, una delle quali è rientrata a casa con lei per poi fermarsi a dormire, poco prima delle sei del mattino. Le storie pubblicate su Instagram da Sofia potrebbero aver svelato all'ex fidanzato tutti i suoi spostamenti durante la serata e la notte. Una volta che la giovane e la sua amica erano già in casa addormentate, Atqaoui ha usato quelle chiavi per entrare, per poi aggredirla nel sonno.

Il movente è probabilmente l'incapacità di accettare la fine della relazione che, dopo qualche mese di crisi, si era definitivamente conclusa per volere della vittima. Amici e conoscenti, soprattutto sui social media ma anche davanti al cancello della casa, hanno lasciato decine di messaggi di ricordo, dolore e rabbia, che ricordano Sofia come una ragazza impegnata, dolce, desiderosa di costruirsi un futuro tra gli studi all'università e un lavoro in un supermercato.

Oggi avrebbe dovuto essere una giornata di gioia, la giovane era attesa in Sardegna per i festeggiamenti del 50mo anniversario di nozze dei suoi nonni, ma la sua famiglia ha abbandonato tutto per tornare indietro appena appresa la notizia.

Quella stessa famiglia, mamma, papà e fratellino, che per quasi due anni ha ospitato in casa Zakaria Atqaoui, un giovane trattato come fosse un secondo figlio, anche se agli amici di Sofia non è mai piaciuto. «Ce lo devono lasciare due minuti», le frasi pronunciate dagli amici della vittima, che si sono appostati a lungo fuori dalla caserma dei carabinieri dove il 23enne è stato portato ieri. «Un giovane ragazzo molto provato», lo ha definito il suo avvocato Marie Louise Mozzarini, che ha spiegato che Atqaoui «ha risposto alle domande del magistrato ed è stato molto collaborativo» durante il primo interrogatorio.

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