Leo Gassmann: «Ho pianto per Califano. A Sanremo mi lasciarono in mutande perché si vedeva un marchio, cantai in canottiera»

Al debutto come attore nei panni del cantautore: «Io molto più fortunato di lui. I miei genitori si amano, io non riesco ancora ad avere una storia come la loro».

Leo Gassmann: «Ho pianto per Califano. A Sanremo mi lasciarono in mutande perché si vedeva un marchio, cantai in canottiera»
di Andrea Scarpa
6 Minuti di Lettura
Sabato 10 Febbraio 2024, 23:59 - Ultimo aggiornamento: 12 Febbraio, 18:13

Era destino, c’è poco da fare. Questa sera su Rai1 Leo Gassmann, figlio di Alessandro e nipote del grande Vittorio, debutta come attore – protagonista, ovviamente – nel film tv Califano, dedicato al grande cantautore romano scomparso nel 2013. Finora si era fatto conoscere come cantante, vincendo nella sezione Nuove Proposte di Sanremo 2020 con Vai bene così (nel 2022 è ritornato con Terzo cuore), pubblicando due album, Strike e La strada di Agartha. Adesso è il Califfo.

Con un cognome ingombrante come il suo, una cosa è fare il cantante, un’altra l’attore: cosa è successo? 
«È un passo che desideravo fare da tempo. Ho iniziato a studiare recitazione due anni e mezzo fa, dopo la laurea (Scienze psicologiche alla John Cabot di Roma, ndr). Ho sempre saputo che prima o poi un tentativo per capire se mi piaceva o meno l’avrei fatto. Senza fare neanche un tentativo avrei avuto un rimorso troppo grande: scappare dalle proprie radici non è sano». 

Ricky Memphis: «Mio padre era fascista, il mio secondo nome è Benito»

I suoi genitori cosa le hanno detto?
«Mi hanno sempre lasciato libero di inseguire i miei sogni: mi hanno sempre e soltanto chiesto di laurearmi».

Dove vuole arrivare?
«Voglio raccontare belle storie che mettano al centro di tutto le persone. Cerco sguardi intorno a me che possano lasciarmi qualcosa di buono».

E la musica?
«Vado avanti, come sempre, senza fretta. Nulla cambia».

 

Dopo Sanremo si aspettava di più?
«Credo di poter dimostrare che ho ancora tanto da dire, mi sento in crescita.

Oggi con la pressione dei social media, e l’ossessione del tutto e subito, se uno non diventa famoso dopo il primo album, passa per fallito. Ma io sono convinto che per raggiungere un sogno ci vuole tempo e dedizione. E non bisogna mollare».

Quanto c’è di Califano in lei?
«Molto più di quello che pensavo. Studiando la sua vita ho scoperto che siamo simili, con gli stessi valori: amore, amici, famiglia». 

Non è che avete fatto un santino di Califano?
«Non mi sembra. In realtà questa è una grande occasione per capire il motivo per il quale Franco è arrivato a fare determinate scelte, anche quelle sbagliate. Lui fuggiva dalle cose belle che aveva nella vita perché non era stato abituato a coltivarle».

La sorpresa maggiore sul conto del grande autore?
«Conoscevo le sue canzoni più famose e sapevo che era stato un grande autore per altri artisti, ma niente di più. Mi ha impressionato immaginare quello che può aver provato dopo il secondo arresto del 1984, ingiusto perché poi fu scagionato. Certo, era facilmente attaccabile perché non aveva mai nascosto il suo stile di vita estremo. Incolparlo fu facile. Confesso che per interpretare quella sofferenza sono arrivato a piangere, cosa che nella vita normale fatico a fare».

Califano aveva lati oscuri: i suoi quali sono?
«Non credo di averne. Io e lui siamo completamente diversi, io sono stato molto più fortunato di lui. Ho una grande famiglia alle spalle che mi ha sempre voluto bene, lui perse il padre da giovanissimo e visse a lungo nei collegi perché sua madre non c’era mai». 

Il suo cognome è stato mai un problema?
«Io non l’ho mai avvertito così».

In più occasioni, però, ha detto di dover sempre dimostrare qualcosa di più per via del suo nome, giusto?
«Sì, è vero. C’è sempre un po’ di diffidenza per quelli come me. A volte c’è chi si accanisce, ma non me la prendo. Ci rido sopra».

Il talento si eredita?
«Secondo me non è una questione genetica, ma di contesto. Io sono cresciuto nei teatri. La prima immagine che mi viene in mente è di me e papà che dormiamo sul palco con le luci spente prima che inizi uno spettacolo. Questo aiuta. Tanto».

Suo padre ha raccontato che da giovane era litigioso e maleducato: lei?
«Papà ha la sua storia, io la mia. La mia fortuna è che lui è stato molto bravo a capire le cose che gli erano mancate e a me le ha date. Non sono cresciuto incazzato. I miei con me sono stati perfetti».

È più mammone o papone?
«Mammone».

È vero che sua madre vuole conoscere tutte le sue fidanzate?
«Sì. Le racconto tutto. Va benissimo così».

Vive con loro?
«No. Sto da solo da quando avevo 19 anni».

Suo padre ha detto che per anni è stato considerato da tanta gente solo “il figlio scemo di”: lei?
«Relativamente. Diciamo che quando uno vive pienamente tutto, è difficile che si fermi a pensare ai giudizi negativi di qualcuno che non si conosce». 

Sta dicendo che se ne frega?
«A chi mi dà del raccomandato figlio di papà che posso dire? Non mi piace chi spara sentenze. Io vado avanti onestamente senza fare del male a nessuno. Con il sorriso. Sono una brava persona».

Cosa si è messo in testa?
«Vivo alla giornata. Cercando di crescere come essere umano, aspirante cantautore e attore». 

Califano ha vissuto spesso pericolosamente: lei ha mai sbandato?
«Non a quei livelli. Quando esco con gli amici mi diverto, bevo, ma senza dimenticare che la vita è un dono prezioso e ce n’è una sola».

La cosa più illegale che ha fatto qual è stata?
«Sono entrato in palazzi abbandonati scavalcando posti videosorvegliati. A volte mi è capitato di incontrare personaggi assurdi... Vabbè, questa gliela racconto la prossima volta».

Insisto.
«Niente di speciale, ma quando ci vediamo le dico tutto».

Droghe provate?
«Ma sì, qualcosina. Ho fumato un po’ d’erba. Niente di che».

A suo nonno farebbe vedere “Califano” a cuor leggero o gli direbbe che forse è meglio aspettare il prossimo lavoro?
«Gli direi di guardarlo. Sono molto fiero di quello che ho fatto. Ho dato il massimo».

Califano politicamente passò dal Movimento sociale ai socialisti, dai socialdemocratici e Forza Italia: lei con la politica come sta messo?
«Non ho paura di rispondere a questa domanda, ma nessuno mi rappresenta. Dico solo che sono per l’amore libero».

Che vuol dire?
«Sono per i diritti della comunità Lgbtq+».

Ha una relazione fissa?
«Io vengo da una famiglia di persone che si amano e io finora una persona da amare come fanno i miei genitori non l’ho ancora trovata. Le donne mi piacciono tanto, ma fatico ad avere storie durature. Tendo a essere monogamo però sono anche molto curioso».

Suo padre nel 2001 posò seminudo per un popolarissimo calendario: lei oggi farebbe altrettanto?
«Non credo. Se mi danno un’isola, però, lo faccio».

Suo padre ha detto di averci pagato buona parte della casa in campagna.
«Mio padre è un grande».

Nel Festival del 2022 si esibì in canottiera perché la Rai le impedì di indossare una giacca piena di marchi, vero?
«Sì. Mi lasciarono in mutande in camerino dieci minuti prima di cantare. Esperienza tristissima. Sui pantaloni riuscirono a mettere dello scotch coprente, sulla giacca no».

Dopo questo film tv quale sarà la sua prossima mossa?
«Continuare a far uscire nuove canzoni».

La frase che oggi più la definisce qual è?
«Rispondo con una sola parola, che papà mi ha tramandato da nonno Vittorio: tigna».

© RIPRODUZIONE RISERVATA