Gigi Riva, perché ha rifiutato l'intervento al cuore? L'amico Giuseppe Tomasini: «Sapeva che la fine era vicina»

"Ci siamo visti venerdì scorso. Gli ho ricordato quanto fosse importante per tutti noi ex compagni di squadra"

Gigi Riva, l'amico Tomasini: «Sapeva che la fine era vicina, ha detto no all'operazione»
di Francesco Caruso
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Mercoledì 24 Gennaio 2024, 00:11 - Ultimo aggiornamento: 10:12

Mezzo secolo di vita insieme, 56 anni di vera amicizia tra Gigi Riva e Giuseppe Tomasini, di cui 10 condivisi con la maglia del Cagliari. Arrivato in Sardegna dal Brescia nel 1968, anche Tomasini ha scelto di rimanere a vita nell’isola, proprio come Riva, con il quale condivise la gioia dello scudetto vinto dai sardi nel campionato 1969-1970.

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Tomasini, che legame era rimasto con Riva negli ultimi anni? 

«Forte e spontaneo. Andavo a trovarlo ogni mercoledì o giovedì a casa sua e lui era felice di vedermi. Mi accoglieva con il sorriso e andavamo avanti a parlare fino a tarda sera. Poi quando arrivava il momento di andare via Gigi diceva “no dai, trattieniti ancora un po’ ”. Eppure a lui piaceva cenare presto, prima delle otto. Parlavamo dei ricordi più belli, degli episodi più divertenti vissuti nello spogliatoio. Chiaramente ho pianto alla notizia, ma il fatto di averlo visto in forma e sorridente anche l’ultima volta mi ha rassicurato. Voleva decidere insieme ai parenti se sottoporsi all’intervento di angioplastica, ma le sue condizioni erano gravi, sapeva che la situazione era compromessa. Non so se l’intervento sarebbe servito a salvargli la vita».

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Cosa ricorda dell’ultimo incontro con Riva?

«Ci siamo visti venerdì scorso. Gli ho ricordato quanto fosse importante per tutti noi ex compagni di squadra.

Prima, quando le condizioni glielo permettevano, andavamo tutti a cena insieme. E’ stato mio testimone di nozze, abbiamo vissuto come fratelli per 56 anni e siamo rimasti per sempre in Sardegna. Visto che non ho avuto il tempo, ne approfitto per ringraziare Gigi per tutto quello che ha rappresentato per me e per ringraziare Dio per avermi dato l’opportunità di vivere Riva come un fratello».

Come lo descriverebbe? 

«Era un uomo umile, sincero e dai grandi valori. Trovava sempre la parola giusta per tutti. Sorriso e sguardo rassicurante, questa è l’immagine che ho di Riva. Aveva la grande capacità di metterti a tuo agio. Gigi all’esterno poteva sembrare introverso e quasi scontroso, tipico di chi è molto riservato, ma con noi era diverso. Ricordo ancora le serate in foresteria, eravamo in 7-8 e in quei momenti Riva si lasciava andare. Poi le cene di gruppo da Giacomo, alla Stella Marina, che a volte finivano a torte in faccia come il giorno dello scudetto».
 

Ricordi particolari?

«Una notte il nostro allenatore lo beccò a fumare e tutti pensavano che si sarebbe arrabbiato. Invece Scopigno chiese una sigaretta e si mise a fumare con lui. Di solito quando giocavamo partite importanti Gigi si appartava e dava qualche tirata. Quella stessa calma che trovava con il suo rito era in grado di trasmetterla a noi. Se c’era Gigi in campo non avevamo paura di nulla».
 

Le partite più belle giocate con Riva? 

«Cagliari Bari, il 12 aprile del 1970 ci consegnò lo scudetto. Juventus-Cagliari, quando l’arbitro Lo Bello fece piangere Gigi per il famoso rigore ripetuto due volte: fu lì che capimmo che avremmo vinto il campionato. Inter-Cagliari 1-3 del 25 ottobre 1970. Eravamo sul 3 a 0 e Sandro Mazzola si avvicinò a Gigi per dirgli di fermarsi: quel giorno fece una doppietta. Forse è l’episodio che maggiormente può rappresentare la sua reale forza: faceva tremare gli squadroni del nord e i grandi stadi».
E fu proprio quel 25 ottobre del 1970 che, grazie a Gianni Brera, Riva entrò ancora più nella leggenda, diventando per tutti “Rombo di Tuono”. 

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