Gianluca Grignani: «Sangiovanni? Se avesse vissuto quello che toccò a me sarebbe morto di fatica, ma lo capisco»

Il cantautore presenta il suo tour “Residui di Rock’n’roll”, che passerà da Roma il 18 aprile: «Adesso vorrei suonare ai grandi festival europei»

Gianluca Grignani: «Sangiovanni? Se avesse vissuto quello che toccò a me sarebbe morto di fatica, ma lo capisco»
di Mattia Marzi
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Sabato 30 Marzo 2024, 00:28 - Ultimo aggiornamento: 31 Marzo, 14:17

Il tour l’ha intitolato Residui di Rock’n’Roll. Il motivo? Lo racconta lui: «Ero a fare un ospitata in radio con Fiorella Mannoia e Gigi D’Alessio. Mi cadde dalla tasca una cartina sospetta. Mi guardarono basiti. Io sorrisi: “Che c’è? Sono solo residui di rock’n’roll”». Gianluca Grignani, 51 anni, una vita intera sempre sopra le righe e vissuta al massimo, che si prepara a raccontare in un’autobiografia, ieri sera ha battezzato a Taneto, nel reggiano, la sua tournée nei club. Il rocker milanese riparte dai piccoli locali di provincia (la serie di concerti attraverserà solo sporadicamente i grandi centri - a Roma passerà il 18 aprile all’Orion di Ciampino). Nel cassetto, oltre al libro, anche un nuovo album di inediti, che però non ha ancora né un titolo né una data d’uscita. Grignani non ne pubblica uno da dieci anni: «Non è difficile starmi dietro. Io sono la persona più buona del mondo. È difficile darmi la qualità che chiedo, però. In pochi ce la fanno. Io tendo ad essere pignolo. A cercare la perfezione», dice.

Grignani interrompe il concerto per i problemi tecnici. Lo sfogo: «Non va un ca**o. Vi saluto»

È per questo che alla data zero di Novara si è sfogato pure con la sua band, la scorsa settimana?
«Non mi sono arrabbiato.

E comunque non ho molto da dire di più. Prossima domanda, grazie».

Come mai sui social ha voluto far sapere ai suoi musicisti che gli vuole bene? Ha capito di essere finalmente coccolato?
«Io coccolo, più che sentirmi coccolato. Sono sempre per gli altri, solo per gli altri. Anche troppo. Sono un finto difficile. La verità è che sono troppo buono. E infatti se ne approfittano».

Chi se ne approfitta?
«Anche lei ora se ne sta approfittando. E vede come mi comporto? Se uno vuole fare il furbo, io sono più furbo di lui (ride)».

L’anno prossimo “Destinazione paradiso” compirà trent’anni: come festeggerà?
«Un’idea ce l’ho. Più internazionale che italiana. Andrò in tour in Sud America (dove l’album fu un successo da 3 milioni e mezzo di copie vendute, ndr). E mi piacerebbe suonare sui palchi dei festival rock europei. Magari anche alle 15, sotto al sole, gli orari che non vuole fare nessuno. Che ca… me ne frega: potrò dire di averlo fatto».

È quello che avrebbe voluto fare nel 1996 ai tempi della svolta rock de “La fabbrica di plastica”, pietra miliare del rock alternativo italiano, chiudendo in soffitta i panni del teen idol degli esordi?
«Già. Il fatto è che quel disco uscì in un periodo in cui i social non esistevano e per la musica italiana era difficilissimo imporsi a livello internazionale. Oggi con i social, vedi il caso dei… Come si chiamano? (“I Maneskin”, gli suggerisce qualcuno dall’altra parte del telefono, accanto lui, ndr) Vabbè, quelli. Bravi, bravissimi. Però hanno avuto la fortuna di uscire nell’era dei social: in un attimo arrivi ovunque».

Sangiovanni, che ha deciso di prendersi una pausa, bruciato dalle pressioni e dalle aspettative, sta attraversando la stessa fase che lei attraversò agli esordi?
«Se avesse vissuto quello che ho vissuto io agli esordi, a quest’ora sarebbe morto di fatica. Io ho vissuto una cosa che in Italia si vedeva ai tempi di Celentano e che poi non si è più vista: quando andavo a presentare i dischi, le città si bloccavano per via dei bagni di folla. Però lo comprendo. Io mi sfogai con La fabbrica di plastica: se sono ancora qui, è un miracolo».

Grandi successi, guai giudiziari, apparizioni pubbliche da dimenticare: chi è Gianluca Grignani a 51 anni?
«Uno al quale non frega una mazza del passato. E che fa sul serio».

E fino ad oggi cosa ha fatto?
«È per dire che ora non ho più scuse. Tra quindici giorni vado a incidere il disco: tutto il lavoro che ho fatto in questi ultimi anni sta per concretizzarsi».

Si è mai sentito relegato ai margini dell’industria?
«Sì. E a un certo punto ho pensato di dover morire per essere compreso. Sia chiaro: non ho mai pensato a gesti estremi. Ma pensavo: “Forse mi capiranno solo quando sarò morto”».

Oggi la pensa ancora così?
«No. Ora sento di aver trovato il mio posto. Il mio chitarrista dice che ho grignanizzato il rock’n’roll. Ai tempi de La fabbrica di plastica mi dicevano: “Ma dove vuoi andare, ragazzino?”. Poi ho dimostrato di essere un rocker nato».
 

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