Strehler, Zeffirelli e Carsen interpretazioni a confronto

Strehler, Zeffirelli e Carsen interpretazioni a confronto
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Domenica 28 Settembre 2014, 06:08
SULLA SCENA
La figura di Don Giovanni, archetipo misterioso al di là delle molte interpretazioni che ne sono state date, ha ricevuto dal teatro musicale l'omaggio più bello: l'opera di Mozart con libretto di Lorenzo da Ponte. Ma i registi che l'hanno messa in scena sono sempre stati degni del modello, della musica e del testo? Giorgio Strehler ci ha lasciato, senza ombra di dubbio, il Don Giovanni “da ricordare”: trasparente, allusivo, esteticamente sublime, ammiccante al punto giusto, ambientato in un Settecento di bianchi sovrapposti e controluce senza precedenti che riassume tutte le caratteristiche del “dramma giocoso” mozartiano. L'edizione scaligera diretta da Riccardo Muti rimane, su tutti piani, un atto di omaggio e di giustizia nei confronti del seduttore per eccellenza, così magnifico e sfuggente.
In maniera molto diversa, anche Franco Zeffirelli ha onorato Don Giovanni. Il regista toscano scelse di puntare sulla convenzione e sui giochi che essa consente: un teatro di cartapesta sul palcoscenico del teatro in muratura, con tanto di medaglione sul frontale che cita il luogo e la data della “prima” assoluta del titolo mozartiano, Don Giovanni, Prague, 1787. Lavorìo di pannelli e di carrelli, scesa e risalita di teloni, macchine/scultura, bordure, volute, rasi, ricami, candelabri, brocche di metallo brunito, piramidi di dolciumi e selvaggina, fumi e colori. Il top della baroccheria è nel cimitero sivigliano del finale: monumenti funerari sovrastati dalla falce della Morte, lance, scudi, tibie incrociate, sculture terrifiche, angeli neri. E l'Uom di sasso, come lo chiama Leporello, che si manifesta col sembiante di un pallido colosso in armatura.
Per contro c'è chi, applicato alla materia mozartiana, non l'ha fatto con pertinenza. Un esempio tra i tanti? Il Don Giovanni della Scala di Milano affidato qualche stagione fa alla regia del pur bravo Robert Carsen, con Daniel Barenboim sul podio. Il Libertino diventa un semplice buongustaio, una sex-machine che può anche, spalle al pubblico, godersi su un divanetto l'azione degli altri personaggi mentre spoglia, fino alla completa nudità, una camerierina-trastullo. Il Commendatore è in frac, non trascina il Tenorio con sé all'Inferno, dandogli la mano, bensì lo uccide a fil di spada. E altre sparse amenità.
Ma lui, Don Juan, resiste a tutto e a tutti. E ci irretisce ad ogni ricomparsa.
Rita Sala
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