L'intervista Antonello Ardituro

L'intervista Antonello Ardituro
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Martedì 11 Novembre 2014, 05:51
ROMA «Il senso del processo è stato riconosciuto». Così Antonio Ardituro, ora consigliere del Csm ed ex pm della Dda di Napoli ha condotto l'inchiesta seguendo il dibattimento fino alla requisitoria, commenta la sentenza che ha assolto i boss ma condannato l'avvocato Michele Santonastasone per le minacce al giornalista Roberto Saviano e alla deputata del pd Rosaria Capacchione.
La condanna è arrivata soltanto per uno degli avvocati, i boss sono stati assolti, cosa pensa di questa sentenza?
«E' una condanna che non ha precedenti. Per la prima volta è stata riconosciuta l'aggravante mafiosa per un legale che, durante la sua attività tecnica, ha minacciato i giornalisti nell'interesse dei clan. Per Iovine era stata la stessa procura a chiedere l'assoluzione. Per stabilire perché la Corte abbia assolto anche Bidognetti bisognerà attendere le motivazioni».
Perché secondo lei si è arrivati a questa conclusione per Bidognetti?
«La prova principale era costituita dalle intercettazioni in carcere, durante la conversazione, Bidognetti dava, in qualche modo, mandato al legale. Evidentemente la Corte ha interpretato diversamente quel dialogo. Ma per capire la decisione bisognerà leggere le motivazioni della sentenza».
Lei ritiene comunque che sia una sentenza importante, qual era il tenore delle minacce ai giornalisti?
«Durante l'udienza, l'avvocato aveva ricostruito gli interventi su Repubblica di Saviano e sul Mattino della Capacchione che, anche se non è finita sotto i riflettori ed è rimasta nell'ombra, ha fatto un grande lavoro. La tesi del legale era che i giornalisti fossero uno strumento della procura e il processo ”Spartacus” ai casalesi avrebbe avuto un esito scontato, cioè la condanna dei boss, proprio a causa della capacità di condizionamento che Capacchione e Saviano avevano avuto sui giudici. Erano stati additati come responsabili in videoconferenza. Il processo legava tre ambienti diversi, i clan, la difesa e i giornali. Ritengo che, dal punto di vista dell'accertamento giudiziale, sia una sentenza che rende onore a Capacchione e Saviano che, durante il processo, sembravano quasi gli imputati. Non credo affatto sia una declassificazione del processo».
Valentina Errante
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