Roger Torrent, portavoce di Erc: «Secessione? In Catalogna siamo partiti facendo a Madrid queste stesse richieste»

Roger Torrent, portavoce di Erc: «Secessione? In Catalogna siamo partiti facendo a Madrid queste stesse richieste»
di Mauro Evangelisti
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Mercoledì 25 Ottobre 2017, 00:47 - Ultimo aggiornamento: 10:17

«In Veneto e in Lombardia si punta all’autonomia come ha già tentato di fare la Catalogna. Dopo che questo percorso è fallito, allora abbiamo puntato sull’indipendenza».

Sono giorni tormentati e delicati a Barcellona, a pochi giorni dall’annunciata applicazione dell’articolo 155 da parte del governo centrale. Roger Torrent, portavoce di Erc nel parlamento catalano, uno dei partiti che fanno parte di Junts pel Sì (l’aggregazione che sostiene Puigdemont e lo strappo indipendentista), tra una riunione e l’altra, riflette anche su ciò che sta succedendo in Italia. Indicandone differenze e similitudini. 

Cosa pensa dei referendum votati in Veneto e in Lombardia? 
«Ciò che è evidente è che ogni realtà, regionale e nazionale, ha diritto a decidere il proprio futuro politico. È un elemento fondamentale dei principi dell’esercizio democratico. Per questo mi pare perfetto che i cittadini lombardi e veneti abbiano potuto decidere del proprio futuro».

Cosa c’è di simile e cosa di differente tra il referendum in Catalogna del primo ottobre e quelli di Lombardia e Veneto di domenica scorsa?
«Ogni realtà sociale è distinta e ogni processo ha caratteristiche e obiettivi differenti, dunque le comparazioni sono complicate. Entrambe le regioni però chiedono autonomia. Anche noi abbiamo provato per decenni a trovare una forma di autonomia della Catalogna, restando all’interno della Spagna».

Cosa ha fermato questo processo di rafforzamento dell’autonomia?
«Il tribunale costituzionale - nel 2010 - ha bloccato lo statuto autonomo, dopo che era stato approvato dai cittadini. È stata l’ultima delle moltissime volte in cui la società catalana ha cercato un progetto adeguato di Catalogna dentro la Spagna. Ora abbiamo progetti differenti, l’unica via che ci è rimasta è l’indipendenza».

In Veneto, dove ha votato oltre il 57,2 per cento di cittadini, potrebbe succedere la stessa cosa?
«Ogni società deve essere ciò che vuole essere. Con il dialogo, i negoziati e le mediazioni, però, sempre rispettando la volontà popolare. Questo vale anche per il Veneto, ma anche per la Lombardia. Bisogna rispettare le urne, il diritto a decidere, la democrazia. Noi puntiamo sulla Repubblica Catalana perché non abbiamo mai trovato un progetto di autonomia che assicurasse i diritti dei catalani. Non ci è mai stato consentito. Insomma, anche noi abbiamo tentato la strada dell’autonomia all’interno dello stato spagnolo e costantemente quel percorso è stato chiuso».

Quanto è importante, dal vostro punto di vista, in questi giorni drammatici, l’attenzione dell’Italia e dell’Europa?
«E’ fondamentale.

Non perché siamo catalani, ma perché qui, nel nostro paese, sono in gioco i principi della Ue, dell’Europa democratica. Lo stato spagnolo ha deciso la repressione in Catalogna solo perché volevamo votare. L’Italia ha dimostrato di essere una Repubblica che difende i principi basilari della democrazia. Ci serve il vostro aiuto».

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