Rai, vecchie glorie e portaborse, l’eterno ritorno del Cencelli

Rai, vecchie glorie e portaborse, l’eterno ritorno del Cencelli
di Mario Ajello
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Mercoledì 5 Agosto 2015, 00:44
Aveva capito tutto, della morale di questa storia, Rita Borioni: chi? Insomma lei, la nuova stratega (forte di una laurea da 110 e lode in storia dell’arte, ma quella pre-televisiva) che insieme agli altri guiderà la Rai nel nuovo mercato globale delle telecomunicazioni dove ci sono gli squali e non le semi-professorine o gli anziani giornalisti da carta stampata come quelli paracadutati sul Settimo Piano di Viale Mazzini. In compagnia di un pubblicitario, amico di Renzi, più volte trombato ma ora ripescato dal non più rottamatore, il Guelfo Guelfi con nome da patriota ottocentesco e un passato da dirigente di Lotta Continua, la cui ultima grande impresa è stata la reclame a una concessionaria toscana di automobili. Ma la Borioni aveva capito tutto: «In Italia - ha scritto nel febbraio scorso su Left Wing, giornaletto post-dalemista on line, dei Giovani Turchi come lei e che sono quelli che l’hanno premiata con questa poltrona sproporzionata - c’è un problema di classe dirigente culturale». E certo che c’è, sennò non sarebbe venuto fuori questo Cda della Rai. Questo stracotto di Viale Mazzini - uno strapuntino stracotto a puntino - con un unico grano di pepe: Carlo Freccero, seppure con casacca 5 stelle. Siamo quindi al ritorno al passato? Magari. Si ripete lo schema classico della lottizzazione Rai, ma l’appartenenza inibisce, schiaccia e annulla la competenza che non c’è.



ANAGRAFE

Si tratta di un gruppo di anziani, per lo più sopra i sessanta, e soltanto Paolo Messa abbassa la media insieme alla ”Borioni chi?” (Wikipedia è andata in tilt perchè tutti cercavano sue notizie e nessun motore di ricerca le aveva fino all’ora di pranzo di ieri). Ma ora che Arturo Diaconale - e la senescenza delle scelte di Berlusconi rispecchia il crepuscolo della sua storia - passa dalla presidenza del Parco Nazionale del Gran Sasso alla Rai, si libera per il Pd secondo il gioco delle spartizioni quella poltrona boschiva, e probabilmente ci finirà un esperto di televisione in mezzo agli orsi. Che è come mandare alla Rai, da parte del premier allergico ai sindacalisti e tutto voglioso di meritocrazia, un eterno poltronizzato sindacale, il sessantaduenne Siddi, che di televisione non sa un tubo (e tantomeno catodico) e di cui non si ricorda un articolo di fondo e nemmeno non di fondo. Su carta, com’è ovvio, perchè nulla è più estraneo ai non magnifici sette - di cui 5 sono giornalisti, ed è tutto dire - delle sfide del nuovo mercato televisivo nel quale la Rai dovrà competere, tra gli altri, con Sky che già fa servizio pubblico. Ma il Guelfi, che si iscrisse all’università nel 1965 e si è laureato quarant’anni dopo, il 13 ottobre del 2005, è determinatissimo a dare battaglia a Murdoch e a tutti gli altri, sulla scorta dell’autore prediletto, almeno nel suo web account, Cyrano de Bergerac «che in vita sua fu tutto e non fu niente». Il Guelfi ex spin doctor di Matteo ora risarcito, e amico di Adriano Sofri, che già teleguidò una consigliera Rai (Elvira Sellerio), il niente lo conobbe quando doveva diventare responsabile della comunicazione della Regione Toscana. C’era già la poltrona pronta, ma gliela tolsero da sotto le terga a causa dei tagli finanziari e Guelfo restò a spasso. Sfogando la sua rabbia su Facebook.



PALLONE SGONFIO

La loro scarsa competenza li renderà per nulla autonomi dai partiti che li hanno scelti, ed è questo l’obiettivo che si voleva raggiungere. Mentre Freccero si divertirà a fare il folletto in questa palude della smeritocrazia. Dove la Borioni, professione assistente parlamentare, entra proclamando: «Enzo Siciliano sarà il mio riferimento ideale». Ma Siciliano non è stato uno dei presidenti della Rai meno adatti? E non si poteva aspettare un po’, invece di essere presi da fregole nominatorie, prima di partorire questa squadra da pallone sgonfio, con soltanto una donna e troppe riserve? Ora Bersani piange dicendo «ci siamo fatti fregare Freccero da Grillo», ma ha qualcosa di bersaniano nel senso di non innovativo questo team che nasce già in scadenza e avrà pochi poteri. E perciò è stato scelto. Mentre tutti tra Viale Mazzini e Saxa Rubra si chiedono: riusciranno le new entry a fare peggio della coppia uscente Colombo-Tobagi (digiunissimi di tivvù) e riusciranno a fare rimpiangere la lottizzazione d’antan quando c’era uno della Dc, uno del Pci e uno bravo ma spesso erano bravi anche i primi due? La prima occasione è stata sprecata. Oggi Renzi ritenta con la nomina del presidente. E c’è da incrociare le dita.

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