Omar Sy: «Ho sofferto e mi sento fortunato»

Omar Sy: «Ho sofferto e mi sento fortunato»
di Gloria Satta
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Sabato 15 Aprile 2017, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 19 Aprile, 19:07
Il sorriso. E’ il grimaldello che ha scassinato diffidenze e difficoltà portandolo a diventare, in una manciata di anni, l’attore francese più conosciuto e più amato. Da Trappes, periferia a nord di Parigi, a Hollywood, la favola di Omar Sy sembra confezionata da un abile sceneggiatore: dotato di umili origini - madre cameriera di origine mauritana, padre operaio senegalese immigrati in Francia - faceva il comico in tv e si è ritrovato all’improvviso star grazie al film ”Quasi amici” in cui era l’improbabile badante del nobile tetraplegico Cluzet. Oggi che ha 39 anni e si divide tra la Francia e Los Angeles dove si è posizionato nel cinema spacca-botteghini (girando ”X-Men”, ”Jurassic World”, ”Inferno”), Omar torna protagonista di un film francese in cui la sua umanità è al servizio di una storia di sentimenti: ”Famiglia all’improvviso - istruzioni non incluse”, regia di Hugo Gélin, in sala il 20 con Lucky Red. L’attore fa un animatore turistico sciupafemmine, costretto a crescere da solo la bambina messa al mondo con un’antica conquista. 

Si è lasciato coinvolgere dai sentimenti anche quando ha accettato di girare il film? 
«Sono stato imbarcato nel progetto, remake di un successo messicano, quando non c’erano ancora la sceneggiatura né il regista. E sì, devo ammettere che sono rimasto conquistato dal tema della paternità, poco sfruttato dal cinema. Il film è un raggio di sole e di speranza. Racconta una storia ultra-toccante, egregiamente riscritta in salsa francese». 

C’è molto di lei in Samuel, il suo personaggio? 
«Sicuramente il lato infantile. Fa parte di me in modo più consapevole rispetto a lui. E io lo coltivo, senza rifiutare le mie responsabilità di adulto». 

Ha sempre avuto la leggerezza che mette nelle sue interpretazioni? 
«Credo di sì. Forse nasconde qualcosa di più profondo: non so esattamente, dovrei chiederlo a uno strizzacervelli...Credo che abbia a che vedere con la voglia di regressione: ho la fortuna di esercitarla grazie a un mestiere che permette di tornare bambini». 

Per rifarsi al messaggio del film, la vera famiglia è quella che si sceglie al di là dei legami di sangue? 
«Proprio così. Bisogna approfittare del presente e di tutto l’amore che ci offre». 

Il destino, nella sua vita, ha giocato un ruolo importante? 
«E’ stato fondamentale. Vengo dalla banlieue e se oggi rilascio questa intervista, lo devo solo al destino».

Figlio di immigrati, cresciuto in periferia, è mai stato vittima di discriminazioni? 
«Il razzismo c’è sempre stato, sarebbe inutile negarlo, ma io non ho mai accettato di considerarmi una vittima. Mi sono sentito più forte e sono andato avanti. I miei film esprimono un messaggio positivo: si può vivere insieme mantendendo e rispettando le differenze».
 
E’ soddisfatto della sua carriera? 

«La parola carriera mi mette paura perché sottintende strategie e pianificazioni. Niente di più lontano da me: prendo le cose come vengono. Quando sono sbarcato in America, ho dovuto ricominciare da zero. Oggi il mio percorso è sorprendente: lavoro con grandi registi, partecipo a ottimi progetti. Non dimentico mai la fortuna che ho». 

Che cosa, al di là della notorietà, le ha lasciato il film ”Quasi amici”? 
«Mi ha cambiato la vita, dandomi la possibilità di girare i film che mi piacciono, cioè quelli che vengono dal cuore. Non tutti gli attori possono dire altrettanto». 

Sul set ha dato qualche consiglio ”paterno” alla piccola Gloria Colston?
«Non ne aveva bisogno, è una bambina molto intelligente e matura, una vera attrice. Per lei ci sarò sempre». 

Ha un sogno non ancora realizzato? 
«Vogliamo scherzare? La mia vita è talmente straordinaria che posso sognare soltanto di non svegliarmi». 
 
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