«Le relazioni tra i sessi, missione impossibile», Kim Rossi Stuart, regista di “Tommaso”, storia del rapporto tra un attore e le donne

«Le relazioni tra i sessi, missione impossibile», Kim Rossi Stuart, regista di “Tommaso”, storia del rapporto tra un attore e le donne
di Gloria Satta
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 7 Settembre 2016, 01:03 - Ultimo aggiornamento: 12 Settembre, 15:10
Come definirebbe il suo film?
«Autoreferenziale e autocritico». Ironico, emozionato, più bello che mai, Kim Rossi Stuart accompagna alla Mostra (fuori concorso) Tommaso, da lui diretto e interpretato, da domani nelle sale con 01 Distribution. Al Lido, l’attore presiede anche la Giuria che premierà la migliore opera prima.

Sono passati dieci anni dal suo esordio nella regia con Anche libero va bene, appaludito anche a Cannes. Oggi che ne ha 46 e una famiglia (dalla compagna Ilaria Spada ha avuto cinque anni fa il piccolo Ettore), Kim racconta una storia tragicomica «che idealmente si riallaccia a quel primo film, ritrovando il protagonista ormai adulto». Protagonisti sono un attore di successo e la sua incapacità di stabilire relazioni serene e durature con le donne (interpretate da Jasmine Trinca, Cristiana Capotondi, la giovane rivelazione Camilla Diana). Qualcuno evoca le commedie «autoreferenziali» di Nanni Moretti e di Woody Allen. Kim, sincero e disarmante come Tommaso, si spiega.

Quanto c’è di lei nel personaggio?
«Difficile dirlo. Di sicuro Tommaso non è un film autobiografico: non interesserebbe a nessuno. È nato invece dalla mia urgenza di mettermi a nudo, andando a cercare dentro di me argomenti ed emozioni. L’introspezione è la pratica più sana e matura che si possa immaginare e il cinema dovrebbe riscoprirla, come ai tempi d’oro».

È proprio vero, come capita al suo Tommaso, che non ci liberiamo mai della nostra infanzia?
«Sì. L’infanzia è una zavorra con cui siamo costretti a fare i conti per cercare la parte migliore di noi stessi. Magari qualcuno, vedendo il mio film, non proverà emozioni particolari. Io l’ho girato con la massima sincerità».

Uomo e donna sono destinati a non capirsi, anzi a combattersi?
«Ho speso buona parte della mia vita a cercare di costruire relazioni soddisfacenti con le donne. E sono quasi arrivato alla conclusione che è una missione impossibile. L’unica via di uscita è il dialogo tra i sessi... Nel film ho preso il torno per le corna, affrontando la questione che ha origini antropologiche».

Cosa intende?
«Tutto è precipitato quando l’uomo ha abbandonato il suo ruolo di inseminatore per fare il padre. Questo passaggio, che è contro natura, ha dato il via alla civiltà umana ma ha condizionato irreparabilmente i rapporti tra i sessi».

C’è voluto molto coraggio per mettersi a nudo?
«Non parlerei di coraggio ma ho rischiato, questo sì, mettendoci la faccia. Ho voluto condividere i miei pensieri in piena libertà. Forse è una concenzione un po’ naif della comunicazione, ma spero di non perderla mai».

Cosa penserà suo figlio quando da grande vedrà il film?
«Mi auguro che abbia una buona impressione di me. Ho girato Tommaso pensando a lui».

Cosa le sta dando l’esperienza di presidente della giuria delle opere prime?
«Ho la proibizione tassativa di parlare dei film. Posso solo dire che sono felice di far parte di un gruppo eterogeneo e brillante. Sono affascinato dai continui confronti che nascono tra noi giurati».
 
Le è tornata la voglia di fare il regista?
«Sì, ma come ho detto all’inaugurazione, sono preoccupato: il cinema di puro svago, che cerca solo l’incasso, ha il diritto di esistere ma sta soffocando il cinema diverso, quello che nasce da altri presupposti e ha altri scopi».

Continuerà a guardarsi dentro?
«Non necessariamente. Non escludo di girare presto un film di genere».
 
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