Inquinamento, l'economista Rifkin: «Le soluzioni in mano alle Regioni»

Jeremy Rifkin
di Anna Guaita
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 30 Dicembre 2015, 00:12 - Ultimo aggiornamento: 14:01
Mettere un cerotto può sanare la ferita al momento, ma se il corpo è malato, ci vuole ben altro. Per Jeremy Rifkin curare l’inquinamento che ci soffoca ricorrendo alle targhe alterne è come usare un cerotto: «Dobbiamo piuttosto parlare di progetti da realizzare in due, cinque, quarant’anni».

Il noto economista-sociologo, i cui libri sul futuro del lavoro, sull’ambiente e sulla terza rivoluzione industriale hanno fatto scuola, parla al Messaggero dal suo ufficio di Washington alla “Foundation on Economic Trends”. Rifkin è noto in Italia, dove è stato consulente di primi ministri, governatori ed enti. Ed è quindi con conoscenza di causa che cerca subito di mandare un messaggio: «Roma! Roma! Roma! Siete sempre fissati su quel che deve fare il governo. Oggi devono essere le regioni a muoversi. Hanno il know how, dovrebbero già essere all’avanguardia in Europa!».

Dove abbiamo sbagliato?
«Avete avuto le idee, ma sono gli altri che le stanno portando avanti. Quando ho lavorato con il premier Renzi, ho visto che era un giovane con una visione coraggiosa, deciso ad abbracciare la terza rivoluzione industriale. Non posso dirvi io come gestire la politica, ma vedo che non c’è stata quella mobilitazione di tutti i partiti politici, come invece è avvenuto in Germania o in Francia. Posso dirvi che quella visione ora è adottata da varie regioni nel nord. La prima è stata una vecchia regione mineraria francese, il Nord-Pas-de-Calais, e il successo lì è già tale che viene imitato in Lussemburgo e in Olanda, e il Belgio si prepara a farlo anch’esso. E dov’è l’Italia, la prima che ha avuto l’idea di un nuovo modello di economia?».

Lei ha scritto un best seller su questa Terza Rivoluzione Industriale, che dovrebbe assicurarci lavoro e sicurezza e allo stesso tempo salvarci dai disastri ecologici della seconda. Ci può spiegare come mai pensa che sia arrivato il suo momento?
«Perché si possa avere una rivoluzione industriale ci vogliono tre pilastri: nuovi metodi di comunicazione, nuove fonti di energia, nuovi modi di trasporto. Oggi non possiamo più basarci sui pilastri della Seconda Rivoluzione, perché abbiamo saturato il mondo di inquinamento. Ma abbiamo il necessario per creare una nuova infrastruttura economica che salverà l’ecosistema terrestre: abbiamo l’internet, il nuovo metodo di comunicazione che oramai usiamo tutti da 20 anni, abbiamo energie rinnovabili come il solare e l’eolico, abbiamo nuovi metodi di trasporto che sono meno inquinanti ma anche sociali, grazie al crescente modello di car sharing. I pilastri per la costruzione della terza rivoluzione industriale ci sono tutti e sono oramai maturi».

Forse mancano i fondi per le riforme?
«È vero, prima mancavano. Ma la Banca Europea per gli Investimenti ha abbracciato le nuove priorità. Se le regioni italiane andassero con progetti realizzabili e sostenibili, otterrebbero i fondi necessari a lanciare queste riforme. Il governo di Roma può intervenire garantendo degli incentivi, ma sono le regioni che dovrebbero muoversi».

In cosa consistono queste riforme, come si manifesta la nuova rivoluzione industriale?
«Con una infrastruttura intelligente che razionalizz la produzione di beni e servizi, e con l’energia a costo quasi zero, con un piano di riconvertimenti e ricostruzioni che daranno lavoro a migliaia di giovani, come già succede a Nord - Pas - de - Calais. Basti qui un piccolo esempio: riconvertire le costruzioni, ogni palazzo, ogni casa, in modo che ognuno diventi una micro-centrale energetica in grado di produrre più energia di quella che consuma. Ogni palazzo immagazzina energia. Si crea poi un “internet dell’energia”, perché il surplus venga venduto altrove, in tutta l’Europa. Invito i leader italiani a visitare Nord - Pas - de - Calais, dove è cominciata la transizione verso il nuovo modello di sviluppo economico della Terza Rivoluzione Industriale. Ma li invito a visitare anche Rotterdam, e il Lussemburgo. Venite a vedere quell che facciamo. E poi fatelo anche voi: potete davvero essere i leader in questa rivoluzione».
© RIPRODUZIONE RISERVATA