La giungla dei rimborsi per i gruppi regionali

La giungla dei rimborsi per i gruppi regionali
di Diodato Pirone
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Lunedì 15 Agosto 2016, 01:06
ROMA Niente da fare. Nonostante le chilometriche paginate scritte sulle centinaia di scandali (e di arresti come quello indimenticato del consigliere laziale Franco Fiorito, “Er Batman”) spuntati intorno ai rimborsi delle Regioni ai gruppi politici dei consigli regionali, sembra sia impossibile riportare questo brutto capitolo della politica italiana sulle lunghezze d’onda della sobrietà e della trasparenza.
Secondo una recente inchiesta del blog Openpolis.it non solo, nonostante consistenti sforbiciate, i fondi erogati dalla Regioni ai gruppi consiliari continuano a superare la considerevole cifra di 30 milioni di euro ma la loro suddivisione è molto diversa da Regione a Regione con alcune “inspiegabili” e macroscopiche differenze. E’ difficile mandar giù ad esempio la considerevole differenza fra i 3,61 euro a testa che i molisani finiscono per pagare a favore dei loro gruppi politici regionali contro gli appena 5 (cinque) centesimi che gravano sulle spalle dei lombardi.

LA TRASPARENZA
Ancor più antipatica è la scarsissima trasparenza da parte di tutti i partiti, M5S compresi, nella rendicontazione delle spese che viene spesso messa in evidenza dalla Corte dei Conti. Ecco le irregolarità emerse, secondo quanto scritto recentemente dai giudici amministrativi, sui rendiconti delle spese 2015 dei gruppi consiliari della Regione Lazio.
A tutti i partiti i giudici “rimproverano” assunzioni effettuate senza curriculum adeguati e per chiamata diretta, senza verificare le disponibilità di personale della Regione.

 
Sul fronte delle spese di rappresentanza del gruppo Pd, sono state individuate quattro fatture, per un totale di 3.423 euro, sulle quali per la Corte dei Conti «rimane non comprovata in alcun modo neppure la natura». A queste se ne aggiunge una da 4.880 euro per il convegno «Accordo sul clima di Parigi 2015» ritenuta dai giudici irregolare, in quanto nella locandina, oltre al gruppo Pd, c’è anche la commissione Ambiente e agricoltura del Pd Lazio: «ciò in violazione del divieto di finanziamento dei costi della politica».

Sul gruppo Pdl-Forza Italia è emerso che la Regione ha versato più del dovuto poiché «dal 7 luglio 2015 risulta sospeso il consigliere Luca Gramazio cui non è subentrato nessuno».
E anche il Movimento 5Stelle del Lazio non sfugge ai rimbrotti dei giudici amministrativi che hanno riscontrato «alcune anomalie e carenze informative», chiedendo «integrazioni documentali». Ad esempio, per quanto riguarda le spese per la manifestazione nazionale «Italia 5Stelle», le carte presentate dal gruppo pentastellato sarebbero troppo generiche poiché «riguardano una comunicazione di carattere descrittivo, in cui è stato riferito che gli acquisti in questione sono stati effettuati per rendere riconoscibili i consiglieri M5S del Lazio e i risultati raggiunti nel Consiglio regionale, senza altre particolari indicazioni (programma della manifestazione, copia del volantino, immagini dello striscione, delle felpe o dello stand)».

I giudici hanno inoltre sollevato forti dubbi sull’inerenza istituzionale delle spese legali sostenute dai 5Stelle nell’ambito di giudizi pendenti dinanzi al Tar.
Sempre secondo la Corte dei Conti, infine, il gruppo Misto del Lazio dovrà restituire 22.000 euro spesi per il personale in assenza di contratto di lavoro. Analogo “difetto” nel quale è incorso il gruppo del La Destra per 5.000 euro. Mentre il capogruppo della Lista Bonino non avrebbe giustificato correttamente i 15.000 euro spesi nelle edicole per l’acquisto di giornali, libri e riviste.

PICCOLE CONTRO GRANDI
Ma torniamo all’inchiesta di Openpolis sui contributi ai gruppi regionali che, sulla base della legge del 2012, possono essere usati per il personale, per consulenze su leggi e per l’acquisto di spazi pubblicitari e l’organizzazione di eventi.
In media nazionale, il contributo regionale vale circa 39mila euro per ogni consigliere regionale e poco meno di 60 centesimi per ciascun italiano. Ma le differenze sono eclatanti da Regione a Regione. Nel 2014, è stato il Molise l’ente che pro capite ha versato più denaro ai gruppi nei consigli regionale con oltre 3,5 euro ad abitante, seguono Trentino Alto Adige e Sardegna, con circa 2,5 euro a testa (il dato di quest’ultima però è di difficile comparazione poiché è riferito al 2012, cioè prima che operassero le riforme in materia). Poi c’erano la Basilicata (1,86 euro), Liguria (1,73 euro) e Valle d’Aosta (1,43 euro). Come si vede si tratta di Regioni piccole, i cui costi fatalmente lievitano nella particolare classifica per abitante.

Nelle migliori quattro posizioni il Veneto (0,14 euro), la Puglia (0,08 euro), la Toscana (0,07 euro) e, per finire, Lombardia, la Regione che ha versato meno soldi pro capite ai gruppi nei consigli regionali (0,05 euro) .
Va detto, infine, che il testo della riforma costituzionale (al nuovo articolo 40) prevede l’abolizione di questi contributi pubblici ai gruppi politici regionali oltre alla riduzione degli stipendi dei consiglieri regionali entro il tetto massimo di quello del sindaco del capoluogo di Regione.
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