Camilleri: «I miei 100 libri, sequenze di una vita»

Camilleri: «I miei 100 libri, sequenze di una vita»
di Leonardo Jattarelli
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Martedì 14 Giugno 2016, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 20 Giugno, 19:35
Guidare le “Memorie” è sempre una difficile gimcana tra il passato remoto e ciò che lo stesso passato ci mette davanti ogni giorno come ineluttabile presente, mai trascorso. È questo il percorso che caratterizza il Festival Letterature di quest’anno che torna da oggi fino al 14 luglio nel suo luogo originario, la Basilica di Massenzio. Curata da Maria Ida Gaeta e diretta da Fabrizio Arcuri, la rassegna si apre con il confronto tra Claudio Magris e lo scrittore turco Hakan Gunday, letture di Laura Morante e musiche di Rita Marcotulli.

Tra i tanti appuntamenti, quello con il Premio Pulitzer 2016 William Finnegan, con la spagnola Clara Sanchez, la francese Annie Ernaux e con i tanti autori italiani, da Albinati a Veronesi, De Cataldo e Simonetta Agnello Hornby. Ma l’evento sarà quello di giovedì 16, quando sul palco si assisterà al botta e risposta tra Renzo Arbore e Andrea Camilleri. Il novantunenne scrittore siciliano, papà di Montalbano, che festeggia i suoi 100 libri, ci parla in anteprima del suo significato di “memoria” che intreccia indissolubilmente letteratura e vita.

Camilleri, quale memoria le è più cara?
«La memoria del profumo di mia madre. Ricordo che aveva sempre con se un porta profumo che teneva nella borsetta. Io l’ho tenuto e nascosto in uno dei miei cassetti. Mi capita spesso di andarlo a cercare e di ritrovare in quel profumo, ormai svanito, gran parte della mia vita».

Nel suo ultimo libro “L’altro capo del filo”, Montalbano è alle prese con i migranti, tragedia dei nostri giorni. Quali sono i suoi sentimenti davanti a questo fenomeno così drammatico? Pensava che un giorno, dopo le tante storie di migrazioni di cui siamo stati spettatori e attori, ancora potessimo trovarci impreparati ad un evento così “rivoluzionario”? Quale soluzione auspica?
«L’aggettivo “drammatico”, anzi sarebbe meglio dire tragico, non riguarda il fenomeno ma il modo in cui lo stiamo gestendo. La migrazione appartiene alla natura dell’uomo, siamo sempre stati migranti. La migrazione dalla guerra, dalla fame, dalla tragedia non può e non deve essere vissuta come una minaccia. Non esiste nessuna ragione perché il mondo occidentale, l’Europa in primis, possa ritenersi impreparato rispetto ad un evento ampiamente annunciato. D’altra parte non credo che sia uno scrittore a poter trovare una soluzione, io so solo che la chiusura delle frontiere, non solo non arginerà il fenomeno, ma lo renderà ancora più irreversibile e cruento».

Per tornare alla “memoria”, l’Europa dei Muri sembra essere un vecchio continente stanco e senza memoria... 
«L’Europa nasce su principi di pacifica convivenza, nasce su un’idea di cultura comune e condivisa. Ora invece siamo uniti solo da una moneta sostenuta da regole economiche inadeguate per la maggior parte degli stati membri». 

Cento libri, un record meraviglioso. Se dovesse montare spezzoni di sequenze di tanta fatica, immaginazione, creatività, di folle di personaggi accalcati della sua mente, quale film ne uscirebbe? Cosa potremmo vedere noi spettatori?
«Sì sono davvero molto contento di questi primi cento libri. Le varie sequenze montate mostrerebbero semplicemente la mia vita».

Cosa ha significato ieri e cosa significa oggi per Camilleri essere un “uomo del sud”?
«Mi piace pensare che il taglio del mio abito sia di un sarto europeo, la camicia italiana, e l’intimo è invece siciliano». 

Camilleri e l’attualità del femminicidio. Nei suoi gialli, Montalbano ha dovuto risolvere spesso omicidi perpetrati nei confronti di donne. Oggi, soltanto in quest’anno, 59 donne sono state uccise. Anche la letteratura fa fatica ad immaginare uno scenario di questo tipo….
«Il femminicidio è purtroppo solo la punta dell’iceberg di un problema culturale che esiste, e non solo nel nostro paese. La vita, in questo caso purtroppo, supera sempre e di gran lunga la fantasia».

Cosa la indigna di più nella vita di ogni giorno, cosa le provoca rabbia? Con la politica, a che punto siamo?
«Mi indigna non poter lasciare ai miei nipoti un paese come perlomeno l’ho trovato io. Un paese in cui c’era lavoro, si poteva costruire un futuro, si potevano fare figli, e si poteva aderire ad un’ideale, perché no, anche politico». 

Ai suoi esordi, pensava di essere uno scrittore “dal respiro corto”. Cosa rende infinitamente lungo il respiro di un grande scrittore come lei? È la vita a forgiare un respiro o è solo una pratica di immaginazione?
«Si tratta semplicemente di allenamento e di disciplina. Solo questi mi hanno permesso di diventare un maratoneta».

La serata a Roma con Renzo Arbore: può anticipare qualcosa sul contenuto?
«In realtà è la prima volta che incontro Arbore su un palco. Sono felice ed onorato di poter passare del tempo con un uomo che ritengo un grande artista e che ha veramente innovato la comunicazione in questo paese». 

Qual è il migliore dei mondi possibili? Quello che viviamo con noi stessi, con Dio o solo con un buon libro davanti al mare di Vigata?
«Io direi quello che viviamo nella vita vera». 

Un’ultima domanda. Una dedica per i suoi cento libri già scritti e altri cento che arriveranno.
«Li dedico tutti ai miei lettori, che ringrazio con affetto immenso».


 
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