Addio ad Anna Marchesini, Virginia Raffaele: «Fu la mia ispirazione»

Virginia Raffaele
di Marco Molendini
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Domenica 31 Luglio 2016, 00:10
«L’ho presa male. Anzi, posso dirlo?, mi sono proprio girate le scatole. La vita non è stata buona con lei». Virginia Raffaele, impertinente first lady della comicità, ha quasi voglia di piangere: «Anna Marchesini per me era quasi una parente, anche se non l’ho mai conosciuta». Un affetto speciale, nato dall’ammirazione: «L’ho incontrata solo una volta, quando avevo 15 anni. Ero andata a vedere un suo spettacolo a teatro. Alla fine sono passata in camerino per chiederle un autografo. Mi ha domandato come mi chiamassi e, quando le ho detto Virginia, lei ha commentato: come mia figlia. A me è sembrato un segno del destino, allora faccio l’attrice ho pensato».

E l’ha fatta, l’attrice. Diciamo anche piuttosto bene.
«Anna e il Trio sono stati il motivo per cui mi sono detta: questo è il lavoro che mi piacerebbe fare. E l’ho affrontato cercando di capire la grazia dell’approccio che li ha caratterizzati».

Possibile che, in tutti questi anni, non l’abbia mai incontrata, almeno da collega?
«No, non l’ho più vista. Solo una sera ho preso coraggio, avevo bevuto un po’ di vino, e ho mandato un sms a Massimo Lopez, che è un mio amico. Te lo dico sfacciatamente, gli ho scritto. Se se la sente, ti prego, posso conoscere Anna? Ancora mi colpisce pensarci. Io sono così. Se leggo sul telefono che mi sta chiamando Renzo Arbore, mi chiedo: ma è quello vero? Oppure, se De Gregori mi scrive «a Virgì», guardo il telefono e mi chiedo: ma chi è quello della Donna cannone?».

Qual è la prima cosa che le viene in mente, pensando alla Marchesini e al Trio?
«Tutto: I promessi sposi, In principio era il trio, le sorelle Carlucci, Bella Figheira, la sessuologa Merope Generosa, Che siccome che sono cecata. Anna era tutte quelle facce assieme. Con quegli occhietti lì poteva fare ogni cosa. Una volta sono andata a vedere La cerimonia del massaggio di Alan Bennett. Era un’attrice pazzesca».
 
Aveva un’ironia precisa, chirurgica. Ci si ritrova?
«Ci provo sempre. Prendo la mira. Forse perché vengo dal tiro al Cinzano, quando ero al Luna park. Nei miei numeri sono un cecchino. E Anna l’ho studiata, oltre che ammirata vedendo il Trio ma soprattutto lei, con cui ho sempre avvertito una simbiosi da donna. Anche nella sua vena malinconica, che è un aspetto del mio carattere, nella sua magnificenza del cambiare, del trasformarsi. Ho ammirato la sua raffinatezza, la capacità di passare dal comico al grottesco, al demenziale, il non essere mai volgare anche quando, con Merope Generosa, affrontava temi molto scivolosi. Anna è stata per me un esempio e un’ispirazione, anche se magari sono più simile a Massimo Lopez. Ma lei è la donna comica. Chi altro c’è? Franca Valeri. E Monica Vitti che è stata più legata al cinema».

Quando si è ammalata e ha scelto di continuare a fare spettacolo, che cosa ha pensato?
«Che è stato un estremo mettersi alla prova, mostrare una determinazione ferrea. Uno, magari, poi faceva i suoi pensieri, oddio, bi, bo, ma. Però, lei poteva davvero fare tutto. Era talmente forte da stabilire un nuovo patto con il pubblico. E lo ha riconquistato. Non capita spesso, nella vita, conquistare per due volte il pubblico. Forza della sua ironia. Sono convinta che sia stata l’arma che l’ha salvata. L’ironia salva il mondo e lei si è salvata, anche se la vita è stata dura nei suoi confronti». Ieri mattina, quando ha saputo della morte di Anna Marchesini, Virginia ha mandato un messaggio a Massimo Lopez e Tullio Solenghi. C’era scritto: «Io sono sconvolta, immagino voi».
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