«Noi, gli analisti dei giovanissimi», parla Anna Maria Nicolò, neoeletta presidente della Società Psicoanalitica Italiana

«Noi, gli analisti dei giovanissimi», parla Anna Maria Nicolò, neoeletta presidente della Società Psicoanalitica Italiana
di Gloria Satta
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Lunedì 5 Dicembre 2016, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 21:42
«L’analista non è imbalsamato nel suo ruolo e confinato nel suo studio, come lo descrivono certi pregiudizi e vecchie caricature. Lo specialista moderno è in ascolto della realtà e sempre capace di adattarsi ai bisogni del paziente». Parla Anna Maria Nicolò, appena eletta presidente della Società Psicoanalitica Italiana, fondata nel 1925. Neuropsichiatra infantile e psicoanalista, autrice di saggi pubblicati in tutto il mondo e già membro del board internazionale dell’Ipa, la società fondata da Freud, due figli e una deliziosa nipotina, è la seconda donna dopo Alessandra Tomasi Di Palma (moglie dello scrittore Tomasi di Lampedusa) a guidare la SPI. Entrerà in funzione a marzo e ha molti progetti.

Come sta la psicoanalisi? È in crisi, come pensa qualcuno?
«Non lo è, anzi attraversa un momento importante perché dialoga con le scienze sociali e le nuove acquisizioni neuroscientifiche. La crisi riguarda semmai le istituzioni psicoanalitiche, non solo in Italia ma nel mondo».

E qual è la situazione qui da noi?
«La SPI è una delle società più numerose d’Europa. La sua straordinaria ricchezza è la molteplicità dei modelli. Gli psicoanalisti italiani sono abituati a confrontare i diversi orientamenti scientifici».

La crisi economica ha diminuito il numero dei pazienti?
«È certamente calata la richiesta di un intervento articolato in molte sedute, e per anni. Ma la nostra offerta si è variegata. Offriamo anche trattamenti più brevi e meno intensi. Tuttavia i nostri studi sono pieni di pazienti che hanno già tentato altre forme di psicoterapia senza risultato. Segno che il nostro lavoro non ha perso efficacia».

Riscontrate patologie nuove, o emergenti?
«Non c’è dubbio. Nascono dal malessere della società attuale. Oggi c’è un’epidemia di anoressie e di disturbi del comportamento alimentare. Cresce il bullismo così come la violenza, le patologie narcisistiche, i disturbi dell’identità di genere. Possiamo definire questi disagi sindromi psicosociali».

Gli adolescenti sono oggi i più vulnerabili?
«Sì, notiamo un maggiore accesso dei giovanissimi alla cura. Vediamo inoltre aumentare un fenomeno allarmante: i ragazzi in volontario isolamento. In Giappone li chiamano hikikomori: si chiudono nella loro camera per anni, non comunicando affatto o solo attraverso Internet».

Lei pensa che il web rappresenti un pericolo per l’equilibrio delle persone?
«Il primo splendido esempio di isolamento è Il barone rampante di Calvino... Non credo che internet sia di per sé il male. Fa parte della nostra realtà e rifiutarlo è fuori del tempo. Dipende dal rapporto che si ha con questo strumento con cui dobbiamo fare i conti. Il web esclude il rapporto con il corpo. E permette a ciascuno di spacciare per vera una falsa identità. Può essere utile, specie per i teen ager, sperimentare diverse forme di socializzazone, ma talvolta l’abuso della rete imprigiona al suo interno personalità fragili».

E di fronte a questa realtà, il lettino ha ancora una funzione?
«Certo. Ma identificare il nostro lavoro solo con le quattro sedute sul lettino non è l’unica strada. Abbiamo molte forme di intervento psicoanalitico».

Anche al di fuori dello studio?
«Usciamo già per fare il lavoro di supervisione nelle istituzioni sanitare o nelle comunità terapeutiche».

L’analista rimane uno specialista accessibile solo a chi ha i mezzi?
«Già da tempo esistono centri di consultazione a basso costo nelle città italiane. L’esecutivo uscente della SPI ha immaginato centri clinici in cui accogliere una richiesta più variegata. Io ho intenzione di attuare questo progetto articolando la nostra offerta che non sarà solo di psicoanalisi ma anche di psicoterapie brevi, individuali, con coppie, fa\miglie, genitori. È uno dei miei impegni per i prossimi anni, insieme con la prevenzione in ambito infantile».

Cosa farete in pratica?
«Incrementeremo il lavoro con i genitori e con gli operatori che si occupano di gravidanza e prime fasi dello sviluppo. È proprio in quei momenti che si prepara il futuro di ognuno di noi».
 
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