Almeno 21.800 soldati russi sarebbero morti dall’inizio dell’assedio di Mosca all’Ucraina, quindi dallo scorso 24 febbraio. Il dato emerge dal bollettino quotidiano dello Stato Maggiore delle Forze Armate ucraine. Nel resoconto si parla anche di 873 carri armati distrutti, insieme a 2.238 mezzi corazzati, 408 sistemi d’artiglieria, 147 lanciarazzi multipli, 69 sistemi di difesa antiaerea. Le forze russe avrebbero perso anche 179 aerei, 154 elicotteri, 1.557 autoveicoli, 8 unità navali, 76 cisterne di carburante e 191 droni. I dati diffusi dal Cremlino, ovviamente, sono molto diversi. Il 2 marzo scorso, Mosca aveva comunicato che i militari morti erano solo 498. Già all’epoca i media occidentali, Kiev e la Nato avevano parlato di perdite variabili tra i 7 e i 15mila soldati.
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I numeri dei dispersi
Due giorni fa, però, il sito di informazione russo Readovka, vicino al Cremlino, ha messo in rete un annuncio del ministero della Difesa di Mosca nel quale si sottolineava che in Ucraina risultano «13.414 soldati russi uccisi e altri 7mila dispersi».
Russia, perdite sono ingenti
Le perdite russe, comunque, sono state ingenti. Sono state provocate da decisioni tattiche sbagliate e dalla sottovalutazione delle capacità delle forze armate ucraine. All’inizio della guerra, Mosca era certa che l’invasione sarebbe stata rapida ed efficace. Era il 24 febbraio e l’esercito russo era composto da 280mila soldati, mentre quello ucraino era composto da 125.600 uomini. In realtà, sottolinea Michael Clarke, professore del dipartimento di studi sulla guerra del King’s College di Londra, «il Cremlino ha sottovalutato la quantità di soldati necessaria per costringere il Paese alla sottomissione». L’esercito ucraino, inoltre, è cresciuto grazie all’arruolamento di riservisti e all’afflusso di combattenti stranieri volontari. Le truppe russe sono state mandate in guerra impreparate, non addestrate e scarsamente equipaggiate. Gli esperti sottolineano anche che il tentativo della Russia di impadronirsi delle regioni del Donbas, Donetsk e Luhansk, dove i ribelli filo-russi sono attivi dal 2014, è probabilmente il risultato di un cambio di tattica, dopo «aver fallito nell’iniziale assalto di Kiev», ha spiegato il direttore dell’istituto di studi strategici FMES, Pascal Ausseur.