Ponte crollato a Baltimora, l'ingegnere Buffarini: «Costruito con vecchi criteri»

L'analisi di Giacomo Buffarini, ingegnere civile e primo ricercatore nel laboratorio Tecnologie per la dinamica delle strutture e la prevenzione del rischio sismico e idrogeologico di Enea

Ponte crollato a Baltimora, l'ingegnere Buffarini: «Costruito con vecchi criteri. Se cede un pilone, collassa tutto»
di P.Tr.
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Martedì 26 Marzo 2024, 23:46 - Ultimo aggiornamento: 27 Marzo, 10:39

Giacomo Buffarini, ingegnere civile e dirigente di ricerca del laboratorio Analisi e modelli per le infrastrutture critiche e i servizi essenziali dell'Enea, è un esperto di analisi dinamica sperimentale delle strutture. 

La nave ha colpito un solo pilone ed il ponte è crollato. La struttura non poteva reggere all’impatto?

«I ponti vanno progettati con un’adeguata robustezza anche per azioni eccezionali, che nelle normative sono considerate l’incendio, l’esplosione e gli urti, quindi sono previsti anche eventi del genere.

Ovviamente devono essere pensati e concepiti per determinati tipi di navi, quindi in questo caso probabilmente l’azione per cui è stata progettata la fila di quel ponte non era sufficiente per resistere ad un impatto così violento». 

Quindi, forse, la nave non sarebbe dovuta passare in quell’area?

«Sicuramente la normativa dell’epoca di quasi 50 anni fa non prevedeva il transito di navi del genere, chiaro è che l’elemento di rischio esiste sempre. Ritengo che la mancanza principale sia stata nell’assenza di sistemi di sicurezza d’emergenza sulla nave che avrebbero potuto entrare in azione in caso di avaria dei normali sistemi di navigazione. A volte si installano anche delle protezioni, cioè delle fondazioni più larghe, che impediscono alle navi di avvicinarsi ai piloni».

La velocità dell’impatto che ruolo ha avuto?

«Le forze con cui vengono calcolate le pile sono convenzionali, dipendono dal tipo di nave, dalla velocità... Per questo le normative vengono aggiornate nel corso degli anni e magari aumentano anche il livello di queste forze. Valori convenzionali possono anche non corrispondere all’azione effettiva che interessa la struttura».
Il ponte risale al 1977. Dal punto di vista infrastrutturale è un periodo recente o era un vecchio ponte?
«Non recentissimo, però nemmeno vecchio. Già all’epoca le normative erano abbastanza moderne per poter prevedere questo tipo d’azione. Ovviamente quando si verificano episodi del genere diventano spunto per aggiornare le normative, per scoprire delle nuove fragilità in strutture che magari prima non erano state pensate. Nel progetto di una struttura civile si ipotizzano tutte le azioni che possono interessarla, però può capitare un evento particolare che non è stato previsto e proprio tragedie del genere portano ad aggiornare le normative con cui vengono calcolate le strutture».

Che tipo di ponte era, da un punto di vista della struttura?

«Un ponte ad arco a via inferiore dove la struttura portante è composta dall’arco superiore e dall’impalcato, cioè la parte dove transitano i veicoli, che è sospesa all’arco superiore tramite dei tiranti, dei pendini. È un tipo di ponte in cui l’impalcato stesso assorbe la spinta dell’arco».

La velocità dell’impatto contro il pilone e la conseguente oscillazione che ne è seguita hanno avuto un peso determinante nel crollo?

«Più che l’oscillazione è stato proprio un fenomeno d’urto, ovviamente se viene meno un pilone di una struttura da ponte non può che crollare come anche le due campate adiacenti; in questo caso ne sono crollate anche altre, perché nel crollo la struttura si è trascinata anche altre campate».
 

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